Sante Vincenzi
Abitava a Reggio Emilia e, per le sue idee antifasciste, durante il ventennio fu più volte arrestato dalla polizia. Nel 1937 Vincenzi fu mandato al confino e vi rimase fino al crollo del fascismo. Tornato in libertà, dopo l'8 settembre 1943 il meccanico comunista operò per organizzare il movimento partigiano in Emilia. Entrato a far parte del Comando Unico Militare Emilia-Romagna, ebbe l'incarico di ufficiale di collegamento tra le Brigate della Divisione Garibaldi "Bologna", compito che "Mario" (questo il suo nome di battaglia), svolse brillantemente sino alla vigilia dell'insurrezione. Caduto in mano ai fascisti il 20 aprile 1945, Vincenzi fu eliminato la notte stessa con il socialista Giuseppe Bentivogli. La loro morte fu annunciata nelle prime ore della Liberazione da un manifesto del PSI di Bologna datato 24 aprile 1945 e, due giorni dopo, da un altro manifesto della Camera del lavoro. Questa la motivazione della ricompensa al valore concessa alla memoria di Sante Vincenzi: "Convinto assertore dei principi di libertà e fiero oppositore di qualunque forza d'oppressione, impugnava le armi contro i nazi-fascisti rifulgendo per impareggiabile audacia e sprezzo del pericolo. Varcava più volte le linee svolgendo brillantemente missioni importanti e delicate. Durante il compimento di una di esse veniva sorpreso da una pattuglia fascista, che, dopo fiera lotta, riusciva a catturarlo. Sottoposto a disumane torture e ad efferate sevizie, con il corpo straziato e l'animo indomo, non faceva alcuna rivelazione per non nuocere alla causa dei compagni di lotta, finché il nemico, esasperato da tanto stoico silenzio, barbaramente lo freddava. Fulgida figura di cospiratore, di combattente e di martire". Nell'immediato dopoguerra, a Sante Vincenzi sono state intitolate strade nella sua città natale, a Reggio Emilia e a Bologna.