Tullia Calabi Zevi
Figlia di un affermato avvocato di origini ebraiche, la giovane Tullia aveva studiato Filosofia all’Università di Milano ed aveva frequentato il Conservatorio. Si trovava con i suoi in vacanza in Svizzera quando in Italia furono approvate le leggi razziali; la famiglia (anche su consiglio di Toscanini), si trasferì quindi in Francia, per lasciarla all’inizio della Seconda guerra mondiale e rifugiarsi negli Stati Uniti. A New York la ragazza, che suonava l’arpa in alcune affermate orchestre, cominciò a frequentare circoli antifascisti e si diede al giornalismo. Seguito il processo di Norimberga, per oltre trent’anni lavorò per il giornale israeliano “Maariv” e collaborò col settimanale londinese “The Jewish Croniche”.
Nel dopoguerra tornata in Italia, Tullia – che aveva sposato Bruno Zevi – fu nominata vice presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane e nel 1983 assunse la presidenza dell’UCEI. Nel 1992 fu insignita da Oscar Luigi Scalafaro della massima onorificenza italiana (Cavaliere di Gran Croce) e fu la candidata italiana per il “Premio Donna europea dell’anno”. Nel 1994 a Tullia Zevi era stato assegnato il Premio Italiano “Cultura della Pace” e nel 1998 era entrata nella Commissione per l’interculturalismo del Ministero italiano dell’Istruzione.
La scomparsa di Tullia Zevi ha provocato grande cordoglio. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano si è così espresso in un messaggio alla famiglia: “Il rapporto che ho potuto intrattenere con lei personalmente e poi sviluppare negli anni della sua presidenza della Unione delle Comunità Ebraiche Italiane mi ha permesso di apprezzare profondamente la limpida e ferma consapevolezza storica e posizione ideale, l’alto impegno civile e la squisita umanità e cultura”.