Umberto Scattoni
Nel 1923 il giovane si era iscritto alla Federazione giovanile socialista e, negli anni, la frequentazione di ambienti anarchici e comunisti aveva rafforzato le sue idee antifasciste. Assunto nel '37 come magazziniere alla "Generalcine", l'anno dopo Scattoni fu licenziato per "motivi politici". Per sfamare la famiglia (aveva tre figli), lavorava di notte ai Mercati Generali; poi si mise in proprio come imbianchino.
Allo scoppio della guerra, qualcuno per strada l'aveva sentito inveire contro il fascismo; così Scattoni divenne un sorvegliato speciale: durante le adunate fasciste era sempre convocato e trattenuto in questura. Il 10 settembre del '43 fu uno tra i primi romani che accorsero a Porta S. Paolo per opporsi, vanamente, alla presa della Capitale da parte dei tedeschi. Ma il 22 settembre Scattoni aveva già passato le linee per collegarsi alla V Armata americana, allora attestata sul Garigliano.
Rientrato nella Capitale, entrò a far parte delle formazioni di "Bandiera Rossa", compiendo atti di sabotaggio, trasportando armi, tenendo i contatti con i partigiani della provincia. L'imbianchino si recò anche al Comando alleato di Caserta, per conto dei patrioti del Gruppo Malatesta. Nei mesi successivi, avvicinatosi ai resistenti comunisti, fu incaricato di coordinare l'attività dei GAP della sua zona. Divenne così compagno inseparabile di Guido Rattoppatore.
Il 28 gennaio del '44, mentre Scattoni si recava con Rattoppatore all'albergo "Aquila d'Oro", per sostituire un altro partigiano in un'azione contro i tedeschi, fu arrestato su delazione di una spia. Dopo uno scontro a fuoco e un inseguimento all'altezza di Ponte Vittorio, Scattoni fu catturato e rinchiuso nel carcere di via Tasso: torturato, il prigioniero non rivelò nulla sui compagni di lotta e, ai primi di marzo, fu trasferito a Regina Coeli, nel terzo braccio. Qui, anche se era in cattive condizioni per il trattamento subito in via Tasso, si prodigò per incoraggiare gli altri detenuti. Fu una delle vittime delle Fosse Ardeatine.