Vincenzo Ravera
Aveva appena finito di frequentare le scuole elementari, quando era stato assunto alla "Tessitura Brizzolesi" come meccanico. Licenziato durante la crisi del 1929, prosegue il lavoro nell'officina da fabbro del padre Gerolamo. Gerolamo è comunista dal 1921 e il figlio, che nel tempo libero suona nella banda cittadina, ne condivide gli ideali e partecipa all'attività clandestina. Così, il 3 marzo 1937, Vincenzo finisce in carcere, prima a Genova e poi a Roma, e il 18 gennaio 1938, il Tribunale speciale fascista lo condanna a quattro anni di prigione. Beneficiando di un'amnistia, Ravera esce dal penitenziario di Castelfranco Emilia nel marzo del 1939, in tempo per essere richiamato alle armi. Congedato, trova di nuovo lavoro alla "Tessitura Brizzolesi", poi, finalmente, la caduta di Mussolini e, nel settembre, l'inizio dei contatti per la costituzione del CLN di Ovada, di cui Ravera è l'addetto militare. Nel gennaio 1944 Vincenzo Ravera, braccato dai nazifascisti, è costretto a lasciare Ovada e, col nome di copertura di "Ubaldo", organizza la Resistenza tra i contadini e nelle fabbriche genovesi decentrate nell'entroterra ligure. Il 4 marzo 1945 è arrestato dai tedeschi, che dopo pochi giorni, non avendo trovato nell'officina e nell'abitazione di Ravera nulla di compromettente, lo rilasciano (grazie anche all'intervento del parroco, don Fiorello Capanna, pure lui attivo nel CLN). Alla Liberazione, ecco la nomina di Ravera a sindaco di Ovada. Seguono anni difficili. Il sindaco supera processi, sospensioni prefettizie per il suo impegno nei "Partigiani della Pace", ma sino al 1956 sarà sempre rieletto. Nei primi Anni Settanta aderisce a "Italia Nostra" e partecipa alle lotte che si sviluppano nelle valli Orba e Stura in difesa dell'ambiente. Ritiratosi dall'attività politica nel suo partito, Ravera continua sino al 1987 l'attività di fabbro, svolta anche durante i suoi mandati da sindaco, ma non rinuncia a fondare ad Ovada la sezione del Sindacato Pensionati della CGIL.