Virgilio Reali
Sino alla sua scomparsa Virgilio Reali ha tenuto alta la memoria della Resistenza. Lo ha fatto alla guida dell'associazione partigiani della sua provincia, scrivendo libri di memorie, tenendo conferenze, non perdendo mai occasione di parlare ai giovani degli anni durissimi dell'occupazione. Reali frequentava la facoltà d'Ingegneria dell'Università di Roma quando è stato chiamato alle armi e assegnato all'8° Reggimento artiglieria pesante di stanza alla Cecchignola. Sette mesi dopo, l'armistizio e l'impegno contro gli oppressori. Il giovane partecipa a Roma ai combattimenti di Porta San Paolo, di Piazza Ungheria, di Prima Porta. Occupata dai tedeschi la Capitale, Reali entra nella Resistenza romana e prende parte ad azioni di sabotaggio nella formazione comandata da Fulvio Mosconi. La banda aveva come assistente spirituale don Giuseppe Morosini, il sacerdote che da cappellano militare era passato con i partigiani. Don Morosini si prende particolarmente cura di Virgilio, che scherzosamente definiva "mio nipote". Il ragazzo, che si fa chiamare Alfonso Corapi, è, quindi, incaricato da Mosconi di occuparsi dei movimenti delle truppe tedesche in Ciociaria, compito molto importante perché di lì passa la "linea Gustav". È anche per questo che il ragazzo non incappa nella retata che condurrà don Morosini prima in carcere e poi alla morte. Reali ripara sui monti Ausoni. È ricercato dai nazifascisti, che gli arrestano la mamma a Ferentino, perché lui si costituisca. Quando il giovane sta per consegnarsi, la madre riesce a fuggire. Un soldato tedesco pagherà con la fucilazione la consegna violata e Virgilio e la madre riusciranno a salvarsi. Di questa e di altre imprese Reali ha lasciato testimonianza nel suo libro Vicende di Guerra, così come ha fatto con la parola in tutti questi anni.