Vittorio Mallozzi
Convinto antifascista, Mallozzi faceva parte dell'organizzazione comunista clandestina romana. Nei primi anni Trenta fu costretto ad espatriare per sottrarsi alle "cure" della polizia del regime. Nel 1936, allo scoppio della Guerra di Spagna, l'operaio romano, arruolatosi nelle Brigate Internazionali, fu nominato prima commissario politico e poi comandante di un battaglione di garibaldini. Ferito in un incidente stradale, Mallozzi si ritrovò mutilato, ma restò in Spagna sino a quando le Brigate Internazionali non si ritirarono dalla penisola iberica. Passato il confine francese e internato nel campo di Vernet d'Ariège, vi restò sino a che i tedeschi invasero la Francia e il governo fascista italiano decise di affiancarli. Consegnato alle autorità italiane e riportato in Italia, Mallozzi fu confinato a Ventotene. Restò al confino sino al 25 luglio 1943 quando, con l'arresto di Mussolini, poté riacquistare la libertà. Dopo l'8 settembre fu tra i primi organizzatori della Resistenza a Roma. Alla testa di un gruppo armato, Mallozzi portò a termine numerose, audaci azioni contro gli occupanti finché cadde nelle mani dei tedeschi. Questi lo fecero condannare a morte e lo fecero fucilare, a Forte Bravetta, da militi della P.A.I. (Polizia dell'Africa Italiana). L'operaio romano fu messo al muro con altri nove antifascisti e militari entrati nella Resistenza, tutti condannati, com'è scritto nella sentenza del Tribunale militare straordinario, "perché preparavano atti di sabotaggio contro le forze armate germaniche e capeggiavano altri attentati contro l'ordine pubblico della città di Roma".