Luciano Romagnoli
Era ancora studente quando, nel 1942 - memore degli insegnamenti della madre e della nonna, entrambe mondine - aveva cominciato il suo impegno antifascista. Militante dell'organizzazione giovanile clandestina del PCI fu attivo, prima al Liceo e poi all'Università di Bologna. Incaricato dal Partito comunista di "sfollare" a Molinella, Romagnoli fu tra coloro che l'8 settembre 1943 guidarono una grande manifestazione popolare inneggiante alla fine della guerra. Fu ancora Romagnoli alla testa delle manifestazioni che, nel giugno del 1944, bloccarono per una settimana le campagne bolognesi. Organizzatore delle lotte contadine e della guerriglia partigiana per tutto quell'anno, il giovane, dal gennaio del 1945, in vista dell'insurrezione, passò completamente al lavoro militare operando, col nome di battaglia di Paolino, a stretto contatto col CUMER (Comitato unificato militare Emilia Romagna), che presiedeva a tutte le forze partigiane di pianura e di montagna della regione. Nel dopoguerra, Romagnoli diresse dapprima il Fronte della Gioventù di Bologna e dell'Italia del Nord, poi riprese l'attività nel settore agrario. Organizzatore, nel 1947, della Confederterra bolognese, nel gennaio del 1948 diventò il primo segretario della Federbraccianti nazionale, che diresse per dieci anni. Nel 1957, dopo la morte di Giuseppe Di Vittorio, Romagnoli fu chiamato a far parte della segreteria della CGIL. Chiese di essere esonerato dall'incarico nel 1961, prostrato dal male che l'avrebbe portato prematuramente alla morte, ma continuò l'attività politica nell'apparato del PCI, nel quale gli fu affidata la responsabilità della Sezione Stampa e Propaganda. Fece anche parte della Direzione del PCI e per due volte fu eletto deputato partecipando, nonostante le sempre più precarie condizioni di salute, all'attività parlamentare. Dopo la morte di Romagnoli, gli sono state intitolate vie in molte città, non solo emiliane, Cooperative agricole e, recentemente, la principale sala di un Centro congressi a Sasso Marconi.