Carlo Croce
Aveva partecipato, come capitano di complemento del 12° Reggimento Bersaglieri, alla prima Guerra mondiale, restando ferito sul Carso. Aveva poi avviato a Milano una piccola attività industriale per la produzione di presìdi per disabili. Nel giugno del 1940, Croce è richiamato alle armi e, col grado di tenente colonnello, mandato sul fronte russo con il Corpo di spedizione italiano. Riesce a tornare in Italia e, al momento dell'armistizio, si trova nel Varesotto, a Porto Valtravaglia, al comando di un distaccamento del 3° Bersaglieri. Senza esitare, Croce, con i suoi soldati e con altri giovani patrioti della vallata, si dà alla lotta partigiana costituendo una banda che chiama "Esercito Italiano - Gruppo Cinque giornate". Di questa luminosa figura della Resistenza, Giorgio Bocca ha scritto: "È un ufficiale coraggioso e onesto che sente, anche formalmente, l'impegno morale della Resistenza, scegliendosi un nome di battaglia come Giustizia, dando al suo gruppo il motto Non si è posto fango sul nostro volto". Croce è morto all'ospedale di Bergamo, dopo uno scontro in Val di Tagno. Dice la motivazione della MdO: "Comandante di distaccamento del terzo Reggimento bersaglieri a Porto Valtravaglia, con i suoi soldati e con alcuni patrioti organizzava, dopo l'armistizio, la resistenza all'invasore tedesco mantenendo le posizioni fortificate di San Martino di Vallalta. Più volte rifiutate le offerte del nemico, il 13 novembre 1943, con soli 180 uomini, sosteneva per quattro giorni di furiosa lotta l'attacco di 3.000 tedeschi, infliggendo gravi perdite, abbattendo un aereo, distruggendo alcune autoblinde incappate su campo minato. Ferito e serrato senza apparente via di scampo, con ardita azione sì apriva la strada fino al confine svizzero, trasportando gli invalidi e ritirandosi per ultimo dopo aver fatto saltare il forte. Insofferente di inazione e dopo un primo fallito tentativo di rientrare in Italia, varcava nuovamente il confine con sei compagni. Attorniato da nemici e gravemente ferito ad un braccio cadeva prigioniero. Prelevato dalle SS dall'ospedale di Sondrio, poche ore dopo di avere subita l'amputazione del braccio destro, veniva barbaramente torturato senza che gli aguzzini altro potessero cavargli di bocca se non le parole: " Il mio nome è l'Italia ". Salvava con il silenzio i compagni, ma, portato irriconoscibile all'ospedale di Bergamo, chiudeva nobilmente poche ore dopo la sua fiera vita di soldato". Nel 2002, in occasione del 59° anniversario della battaglia di San Martino, una targa a ricordo del colonnello Croce è stata scoperta davanti al Municipio di Porto Valtravaglia.