"Il sì dell'ANPI alla costruzione di una Rete internazionale antifascista per lavoro, diritti e democrazia"
Questo incontro si svolge a un anno di distanza dall'assalto alla sede della CGIL e a due settimane dalle elezioni politiche in Italia che hanno visto la vittoria di un cartello di forze in cui è egemone la destra cosiddetta sovranista.
Io rappresento la più grande associazione di partigiani italiani, l'Anpi, nata nel 1944, che dal 2006 ha aperto le porte alle generazioni successive. Oggi ha più di 130mila iscritti e, assieme alla fondamentale promozione di celebrazioni della Resistenza, si propone di trasformare il bagaglio di valori che hanno costituito l'asse portante della Costituzione italiana – democrazia, libertà, eguaglianza, lavoro, solidarietà, pace – in impegno civile quotidiano attraverso la virtuosa memoria delle partigiane e dei partigiani. Ho incontrato lo scorso anno la vice Presidente della CES Esther Lynch a Bruxelles per uno scambio di idee sul tema di cui oggi parliamo.
Vorrei citare subito le prime parole del documento della CES del 3-4 giugno 2021: “I sindacati e l'estrema destra sono antitetici”. Questa affermazione, del tutto condivisibile, non deve però apparire come un generico affastellare le forze di estrema destra come se fossero tutte uguali.
Una caratteristica fondamentale del fascismo novecentesco è stata la violenza come forma legittimata della lotta politica e sociale. In politica estera ciò si traduceva nell'apologia della guerra e nel volto feroce del colonialismo e in politica interna prima nello squadrismo e poi nella repressione violenta del dissenso da parte dello Stato e nella persecuzione razziale.
Vi sono oggi forze esplicitamente fasciste in tutta Europa; in Italia sono rappresentate da una galassia di organizzazioni o gruppi che fanno ricorso in modo organico alla violenza fisica e ostentano comportamenti e simbologie fasciste o naziste. Vi sono poi forze di tipo nazionalistico, che hanno in tanti Paesi un consenso sociale ed elettorale più o meno ampio e che alle volte si richiamano a punti di vista del fascismo storico ma che non sono di per sé fasciste, pur manifestando spesso un volto autoritario con la negazione dei diritti. Sono le cosiddette democrazie illiberali che spesso hanno l'esplicito appoggio delle organizzazioni neofasciste.
Tali forze sostengono, in forme diverse a seconda della storia di ciascun Paese, elementi identitari tradizionali come la nazione, la razza, la religione, l'orientamento sessuale.
Ciò che in qualche modo accomuna questa composita realtà è uno slogan che in Italia si declina così: “Dio, Patria e Famiglia”.
Negli ultimi vent'anni abbiamo assistito a una profonda trasformazione del tradizionale significato della parola “conservatori”. A cavallo fra il 900 e il nuovo secolo si è sviluppato a partire dagli Stati Uniti il movimento neocon che ha ispirato la politica americana ai tempi di George Bush e si è incarnato in una politica estera aggressiva: la cosiddetta esportazione della democrazia, cioè la guerra.
Successivamente ha prevalso un diverso orientamento rappresentato, sempre in America, dal Presidente Trump, propugnatore di un populismo di destra come soluzioni semplici a questioni complesse, e incarnato nello slogan “American first” . Uno slogan molto simile a quello dei nazionalisti di tanti Paesi europei. In Italia, per esempio, con lo slogan “Prima di tutto gli italiani”.
Da un lato abbiamo perciò una galassia di movimenti esplicitamente neofascisti, che fanno spesso ricorso alla violenza e ostentano le loro radici nazifasciste. Dall'altro abbiamo una forte spinta nazionalista, alle volte autoritaria, che si declina in forme diverse nei vari Stati e che, pur spesso civettando con i movimenti neofascisti, non si può immediatamente definire come fascista.
Ciò che ci deve preoccupare maggiormente è l'adesione elettorale di fasce popolari anche ampie ai partiti di ispirazione nazionalista. Non è ragionevole pensare che questi ceti siano diventati nazionalisti o, peggio, fascisti. Quel voto e quel consenso sono il frutto avvelenato dalla paura del futuro in un mondo sconvolto dalla pandemia, dalla guerra, da una crisi economica in Italia e in Europa senza precedenti. L'avere ignorato negli ultimi decenni la voce dei più disagiati, l'avere approfondito diseguaglianze ed emarginazione ha generato malcontento, rabbia, una totale sfiducia nella rappresentanza politica.
Tutto ciò, a mio avviso, deve porre le basi di quello che si può chiamare un nuovo antifascismo che si dovrebbe muovere in due direzioni: una direzione di contrasto ai neofascismi veri e propri e più in generale alle idee di esclusione, di razzismo, di nazionalismo, e quindi una grande battaglia politica, culturale e giuridica; a quest'ultimo proposito ricordo che due mesi dopo l'assalto alla sede Cgil l'ANPI, la Cgil e altre associazioni e sindacati si sono incontrati con rappresentanti del governo per chiedere lo scioglimento delle organizzazioni neofasciste. Avemmo una risposta interlocutoria. A quasi un anno di distanza, non è avvenuto assolutamente nulla. Ci deve essere poi, nell'antifascismo di oggi, una direzione immediatamente sociale: il fascismo è un batterio che si moltiplica dove c'è paura, disoccupazione e frammentazione sociale. Combattendole con politiche concrete e positive si eliminano le basi materiali di ogni fascismo. Ciò vuol dire mettere al primo posto la specifica battaglia per i diritti sociali, a cominciare dal lavoro. Chiamerei questo come un impegno per una democrazia sociale.
Non dimenticando la follia dei venti di guerra che spirano sempre più forti in Europa e la totale assenza di qualsiasi iniziativa diplomatica da parte dell'Ue, oggi l'intera Europa è davanti a un'ondata inflattiva e alle difficoltà e alla chiusura di tante imprese. La promozione del lavoro e la lotta alla diseguaglianza sociale è l'arma principale per ricostruire la fiducia e combattere ogni tentazione verso l'uomo forte. La finanziarizzazione dell'economia causata da decenni di neoliberismo sfrenato, oltre a indebolire profondamente le fondamenta democratiche di tanti Paesi, ha messo in secondo piano il valore del lavoro perché spesso non c'è, o è mal pagato, o privato di dignità e sicurezza. L'imposizione di una società di mercato si è rivelata illusoria e fallace, come dimostrato dalle due grandi crisi del nuovo secolo e dal continuo esplodere di bolle finanziarie.
Da ciò l'urgenza di un'altra idea di società – la democrazia sociale, come previsto dalla Costituzione italiana - che abbia al centro il lavoro e il suo valore al fine sia della realizzazione piena della vita quotidiana delle persone sia della tenuta dell'intera società. In breve, un nuovo modello economcio-sociale.
Ecco l'importanza del movimento sindacale come baluardo per la difesa e lo sviluppo del lavoro, e di conseguenza come fondamentale frontiera dell'antifascismo contemporaneo, che guarda al progresso, all'ambientalismo e alla scienza come orizzonte del presente e del futuro. Ciò presuppone il rispetto, la tenuta e il rilancio della rappresentanza politica attraverso i meccanismi della democrazia delegata e partecipata, a cominciare dal Parlamento Europeo che vorremmo che avesse più poteri, e della rappresentanza sociale, cioè dei sindacati che rappresentano milioni e milioni di lavoratrici e di lavoratori.
Ed ecco l'urgenza di una rete internazionale antifascista unitaria – sottolineo unitaria - per lavoro, diritti e democrazia.
Condivido perciò pienamente il manifesto della Rete internazionale dei sindacati antifascisti. Aggiungo che sarebbe bene verificare la possibilità di allargare il respiro della rete coinvolgendo le associazioni democratiche nazionali e internazionali e il volontariato come ulteriore strumento di rappresentanza della società civile. Concludo sostenendo sia l'opportunità della nascita di un osservatorio continentale sulle dinamiche delle organizzazioni di estrema destra sia la costruzione di percorsi formativi per sindacati e delegati. Sarà bene verificare la possibilità di usufruire di finanziamenti europei tramite l'Agenzia per i diritti fondamentali che è strumento della Commissione Europea.
Come ANPI siamo pronti a fornire un contributo di idee e a metterci al lavoro.
Gianfranco Pagliarulo
Roma, 9 ottobre 2022