Gino Montemezzani
I suoi l'avevano battezzato Giacomo, ma poi, come spesso succedeva, nel secolo scorso, nelle famiglie contadine numerose (i Montemezzani avevano otto figli), avevano preso a chiamarlo più sbrigativamente Gino. E quel nome gli è rimasto sino alla morte. C'è un libro di Gino, che è stato tra i finalisti del "Premio LiberEtà 2004" e del "Premio Pieve 2005" e che, sul finire del 2006, è stato stampato dalle Edizioni LiberEtà. Il volume, di 180 pagine, si intitola Come stai compagno Mao?, ma più che dell'incontro avvenuto a Pechino il 17 maggio 1964 ("le questioni in discussione erano enormemente al di sopra della nostra statura", annota l'autore), è il racconto, per i nipotini, della vita di un proletario italiano. Il duro lavoro da bambino nei campi e poi il trasferimento alla periferia della grande città, a Cernusco sul Naviglio. Poi ancora un trasloco a Crescenzago e, infine, a Milano, al Lorenteggio. È qui che Gino, dopo l'armistizio, entra a far parte della 113ma Brigata Garibaldi SAP, per passare poi con i partigiani vogheresi della Brigata "Pisacane" e partecipare alla conquista di Varzi. Nel mezzo c'è (dopo l'uccisione a Milano, per mano dei fascisti, di Eugenio Curiel), l'adesione al Fronte della Gioventù. Dopo la Liberazione, l'impegno di Gino non finisce: prima l'arruolamento nel 7° Reggimento Artiglieria della Divisione "Cremona", poi (in conseguenza dell'arrivo di ufficiali collusi col fascismo), la diserzione, sanata dall'amnistia. Gli anni della ricostruzione vedono Montemezzani al lavoro come operaio. Impegnato nel PCI, accetta di trasferirsi in Sicilia come "costruttore" del suo partito. Nel luglio del '60, dopo i fatti di Genova e di Reggio Emilia, l'uscita di Gino dal PCI, la costituzione, al Lorenteggio, del "Gruppo proletario Luglio 60" e i collegamenti con i gruppi extraparlamentari e filocinesi. Il viaggio in Cina e, al ritorno, di nuovo al lavoro come camionista. Negli anni Settanta l'impegno in una piccola fabbrica elettromeccanica, senza mai venire a patti con le proprie idee. Infine, il trasferimento in Liguria, a rimettere in sesto, per abitarci, un vecchio rustico a Carbuta di Calice Ligure. Gino Montemezzani, che ha passato una vita di duro lavoro e di impegno politico, si è ritagliato qui, "sulle stupende colline del Finalese", il tempo per scrivere le sue storie del "secolo breve" e raccontarle, finché ha potuto, ai nipoti.