Giovanni Battista Domaschi
Attivo antifascista (si era iscritto sedicenne al Circolo giovanile socialista di Verona); nel 1926 dopo l’approvazione delle “Leggi eccezionali”, Domaschi fu processato e confinato a Lipari. Riuscì a fuggire, vestito da prete, dal confino, ma fu ripreso pochi giorni dopo.
Durante una licenza che gli era stata concessa per assistere al funerale della madre, l’anarchico veronese decise di passare in clandestinità e di preparare e diffondere volantini antifascisti per la ricorrenza del Primo Maggio. Era il 1928. Domaschi fu arrestato, condannato a 15 anni di reclusione e ristretto nel carcere di Messina.
Riuscito a fuggire anche dalla prigione (dopo aver segato le sbarre di una finestra ed essersi calato a terra con un lenzuolo), Damaschi fu di nuovo arrestato, imprigionato, sorvegliato a vista e quindi nuovamente confinato a Ponza e a Ventotene.
Tornò in libertà soltanto alla fine di agosto del 1943 (essendo il Governo Badoglio piuttosto restio alla liberazione degli anarchici); dopo l’armistizio entrò col nome di “Ciclo” nella Resistenza veronese.
Era il 14 luglio del 1944 quando “Ciclo” fu catturato, con altri membri del CLN veronese, dalle SS; il 7 settembre, dopo quasi due mesi di torture, fu deportato a Flossenburg e immatricolato col numero 116.381. Trasferito nel Lager di Dachau, vi fu ucciso poco prima della Liberazione.
A Verona, dove a Domaschi è stata intitolata una strada, nel 1990 è stato aperto uno “Spazio culturale anarchico” che porta il suo nome e che nel 2007, a cura di Andrea Dilemmi, ha pubblicato le memorie dell’anarchico col titolo “Le mie prigioni e le mie evasioni. Memorie di un anarchico veronese dal carcere e dal confino fascista”.
Le carte di G.B. Domaschi sono depositate all’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea e, in Olanda, presso l’International Institute of Social History di Amsterdam.