Giuliano Treves
Come molti giovani intellettuali ebrei, Treves in gioventù aveva aderito al fascismo. Si ricredette dopo la promulgazione delle leggi razziali e s'impegnò col rabbino di Firenze, Nathan Cassato, per aiutare i perseguitati. Giuliano e i suoi famigliari, che erano stati ospitati nel Convento del Carmine, sul finire del novembre 1943 furono scoperti dai tedeschi che, con la collaborazione dei fascisti, riuscirono in breve tempo a identificare e a catturare oltre trecento ebrei fiorentini e ad avviarli alla deportazione. Giuliano riuscì ad evitarla portandosi a Roma. Nella capitale partecipò all'organizzazione del Partito d'Azione e si arruolò, poi, con gli Alleati. Li seguì mentre risalivano la penisola, fungendo da traduttore e da ufficiale di collegamento con le formazioni partigiane. Il giorno della liberazione di Firenze, Giuliano Treves si trovava in Piazza Santo Spirito, con Aligi Barducci e altri partigiani della Divisione Garibaldi "Arno", quando sul gruppo esplose un ordigno. Tra i feriti, oltre a "Potente", che sarebbe morto il giorno dopo, anche Treves, che morì la sera stessa. Giuliano, infatti, considerò la sua ferita cosa da nulla, tanto che continuò a lavorare per il resto del giorno; spirò, invece, appena rientrato nella sua casa.