L'editoriale/ La manovra Monti e la politica malata dello stivale
Della manovra Monti si può dire tutto e il contrario di tutto. Equa e iniqua. Sufficiente e insufficiente. Utile e inutile. La verità? Che, bella o brutta, è sicuramente una sconfitta della politica e, piaccia o no, ce la meritiamo. Tutti.
Nessuno è innocente quando in un paese per almeno un ventennio vince lo spettacolo della brutta politica. Ossia, non l'arte della ricerca delle soluzioni condivise che guardano al futuro, bensì la commedia del potere legata al presente perché coltiva un unico obiettivo: perpetuare il suo governo e nient'altro.
Un potere di cui tutto si può dire – cialtrone, incapace, ruffiano, ladrone e via insultando – ma non che si sia imposto con l'illegalità. La sua legittimità è affiorata sempre dall'urna dove gli elettori avevano liberamente depositato il proprio volere. E bene ricordarsi di questo quando si parla della manovra.
Il governo Monti nasce perché la politica che gli italiani avevano democraticamente scelto non era in grado di produrre niente di utile per costruire il futuro. Nè a destra, nè a sinistra. Una paralisi politica che ha radici maligne nel sistema elettorale ma anche nell'antico vizio di una cultura che alle scelte pubbliche preferisce il favore privato.
Da quanti anni si parla di riforma delle pensioni? Da almeno trenta. E quante riformine, in un festival di scalini e scaloni, sono state fatte in questi decenni dimenticando che nel frattempo il precariato stava debordando in una massa crescente di senza diritti e... senza pensione?
Già, come giudicare chi ignora il futuro dei suoi figli? E come giudicare una politica che ha tollerato e talvolta perfino difeso gli evasori? E come la mettiamo con ministri che giurano sulla Costituzione e sputano sul tricolore?
L'elenco potrebbe continuare in un desolante nullismo. Quante riformine della scuola si sono viste in questi decenni dove, alla fine, l'unica cosa certa era la cifra dei fondi tagliati? Vogliamo parlare della sanità? O dei colpi di teatro per l'efficienza della pubblica amministrazione, utili giusto per un passaggio in Tv del ministro in carica?
Per carità di patria, meglio fermarsi. Ma è da questa indolenza della politica che nasce il governo Monti, spia di una cultura – non solo politica - malata, che vivacchia quando c'è il sole ma che si paralizza completamente quando piove e deve scegliere l'ombrello adatto.
Malattia che, peraltro, non sarà facile guarire. Troppo profondi i guasti e ancora scarsi gli anticorpi. Dove sono nascosti i liberi intellettuali? E perché è praticamente afona la libera informazione?
Sì, forse, semplicemente, la verità è che l'ondata dei disvalori così generosamente seminati in questi anni nelle coscienze degli italiani, ha cominciato a tracimare. E quel che è peggio nell'indifferenza dei più.
Sì, della manovra si continui a dire tutto e il contrario di tutto. Anche che forse non c'erano alternative, che senza sarebbe stato il disastro a partire dai pensionati con la minima.
Bravo Monti? Cattivo Monti? Si dica quello che si vuole. Solo una raccomandazione: non dimenticare che quello che c'era prima era l'inequivocabile sintomo della malattia della nostra politica.
Michele Urbano