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L'intervista/ Una storia che è diventata un film

La storia dei bambini dei treni della felicità è diventata un film-documentario per la regia di Alessandro Piva, distribuito da Cinecittà Luce, che in questi mesi sta riscuotendo un buon successo di pubblico attraverso anche presentazioni per le scuole, grazie anche al'accoglienza ottenuta alla 68° Mostra del Cinema di Venezia nella sezione “Controcampo italiano”.
Una fatica iniziata nel 2002 e perseguita con tenacia e passione da Piva.

Alessandro, perché raccontare oggi questa storia?
«Sicuramente è stato fondamentale il modo in cui questa storia mi si è presentata, non attraverso un libro ma infilata in un racconto, quello di Severino Cannelonga. Mi ha affascinato per l'intensità e la dovizia di particolari con cui Severino me ne rendeva partecipe e istantaneamente ho deciso di farne un film. Poi la realizzazione del progetto ha avuto i suoi tempi, dal 2002 al 2011, anche per l'assenza di finanzimaneti. Sono stato dunque rallentato ma questo ha permesso al documentario di venire approfondito, e ha permesso di concluderlo e presentarlo al pubblico nel momento giusto, ora che c'è attenzione per questi temi, come ha dimostrato l'accoglienza di Venezia. È uscito nel periodo degli sbarchi di Lampedusa e mentre l'Italia sta attraversando l'acme di una crisi che con queste modalità non si vedeva da decenni. Credo che il pubblico avesse voglia di approfondire temi del genere, di riscoprire che come paese l'Italia ha spalle larghe e radici ben piantate nella cultura dell'accoglienza.
È una storia che nasce dai valori della Resistenza, da quel senso pratico, da quella tenacia ed efficacia.
Viaggiando per presentare il documentario ho notato e noto quanto questa storia rimanga nell'immaginario delle persone, e mi aspetto che possa succedere qualcosa attorno a questa vicenda, che si diramino altri progetti, anche perché merita di essere approfondita.
Una mia grande soddisfazione è di aver fatto in tempo, come non sempre accade, a raccogliere la memoria di tanti protagonisti prima che si perdesse. È un contributo che ritengo importante.»

Accanto al lavoro di Alessandro Piva, un affresco a livello nazionale di questa storia, Giovanni Rinaldi, che è stato coivolto da Piva nella raccolta delle testimonianze, ha pubblicato un libro, “I treni della felicità”, sull'esperienza dei bambini pugliesi di San Severo.
Giovanni Rinaldi racconta così il suo incontro con questa storia:
«Sono rimasto affascinato, perché sa talmente di fantastico per la realtà in cui vivamo oggi che scoprire che siamo stati qualcosa di meglio mi dà ottimismo. I testimoni incontrati non sono “passato” ma sono italiani di oggi, a cui nessuno aveva chiesto di raccontare. Ascoltarli fa capire che hanno solo aspettato qualcuno per parlare di un'esperienza che sanno importante ma che pensavano non si volesse conoscere. Un esempio è il caso di Americo, bambino accolto e rimasto poi a vivere ad Ancona. Le sue due figlie certo conoscevano la storia del padre, non era inedita, ma in famiglia era stata forse poco detta. Quando è arrivata la troupe, lo scrittore, la Mostra del Cinema di Venezia per Americo hanno capito che la sua “piccola” storia era parte di una decisamente sraordinaria, e comprenderlo ha cambiato il loro rapporto con il padre, il modo di vederlo.
Questo è avventuo sempre, con ogni testimone e la sua famiglia. Ho voluto raccontare anche questo nel mio libro.
Scrivere “I treni della felicità” è stato importante per dire cosa ho provato io nell'incontro con questa vicenda e per raccontare le persone che ho avuto di fronte; per trasmettere la modernità di questo racconto.
Non è infatti solo una storia di sessant'anni fa. Scrivendo, incontrando le persone, non ho fatto archeologia ma ho raccontato questa storia oggi e per oggi, cominciando da che cosa ha significato per me incontrarla ora.»

(g.b.)

Trailer “Pasta nera”
http://www.youtube.com/watch?v=8LysqpaXscI

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