Magistratura e neofascismo
Se almeno in due occasioni, la Suprema Corte di Cassazione ha manifestato attenzione al problema delle manifestazioni neofasciste, confermando sentenze di condanna per il saluto romano in luogo pubblico, siamo costretti a rilevare che nella Magistratura di merito affiorano sensibilità molto più contenute rispetto al problema e qualche volta anche disinvolte, che manifestano qualcosa di peggio rispetto alla semplice disattenzione (difetto di informazione perfino sul fascismo e sul significato delle manifestazioni neofasciste?).
Il fenomeno è preoccupante, perché rivela ancora una volta come il processo di democratizzazione di tutti gli organi dello Stato non si sia ancora compiuto, come invece dovrebbe, in aderenza ai principi ed ai valori espressi dalla Costituzione. Di recente, a Milano, è stata emessa una sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste” di un gruppo di fascisti che annualmente, in una certa occasione, sono soliti manifestare con espressioni significative, quantomeno, di sentimenti nostalgici, se non addirittura di propositi di ritorno al passato. Poiché il Pubblico Ministero ha chiesto la condanna, c’è da sperare che impugni la sentenza, sottoponendo il caso ai giudici delle Magistrature “superiori”. Ma il fatto resta e l’assoluzione dei neofascisti è davvero inaccettabile, proprio per il netto contrasto con i valori cui deve ispirarsi la nostra Repubblica.
A Roma, invece, nel risolvere - a mio parere - in modo sbagliato (ci sarà, comunque, un giudizio d’appello) una controversia civilistica, promossa contro un giornalista, da sempre impegnato nella denuncia delle manifestazioni di neofascismi e noto per le sue posizioni democratiche anche nell’ambito dell’ANPI di Roma, il Tribunale fa della affermazioni stupefacenti, a dimostrazione (a prescindere da ogni questione di merito, su cui non ci compete addentrarci) di una sensibilità piuttosto scarsa in tema di politica e neofascismo. Colpisce, in particolare, il fatto che – a proposito di Forza Nuova – la sentenza escluda, in sostanza, ogni avvicinamento al pensiero fascista, trattandosi di una associazione politica che “non sembra conformarsi ad una determinata corrente di pensiero ideologico, avendo optato per un rifiuto delle categorie storiche di destra e di sinistra”. Una impostazione piuttosto singolare perché sono in molti a sostenere – per ragioni di comodo - la tesi del rifiuto delle “categorie tradizionali”, e non per questo sono credibili. Per di più, questo assunto appare contrastato dalla realtà, trattandosi di una Associazione il cui pensiero e la cui ideologia sono ben note e spesso contrastate da movimenti democratici e gruppi politici, che non credono a questa presunta “neutralità”.
Nell’esprimere il suo convincimento, il Tribunale sembra dimostrare non poca approssimazione. Forse, per giungere a conclusioni diverse, sarebbe bastata la semplice consultazione della voce “Forza Nuova” su Wikipedia, non perché quest’ultima sia sempre una fonte di sicura attendibilità, ma perché il panorama che risulta dallo svolgimento di quella voce, sembra corroborare quell’avvicinamento al pensiero fascista che nella sentenza viene negato. Purtroppo, siffatte approssimazioni non sono prive di conseguenze, prima di tutto per il giornalista in questione che, infine, ha perduto la causa e dovrebbe pagare un risarcimento danni e le spese, se la sentenza non venisse riformata in appello. Ovviamente, l’augurio è che i Giudici d’appello approfondiscano maggiormente l’indagine sui fatti e sulla natura reale di certe controversie, che – al di là delle questioni economiche che possono prospettarsi – attengono, in definitiva, a questioni squisitamente politiche Si pone, comunque, un problema che più volte abbiamo sollevato, vale a dire quello della formazione dei Magistrati.
Ad essa attende un’ottima Scuola Superiore della Magistratura; ma si ha l’impressione che su alcuni temi, attinenti a questioni politiche (fascismo, neofascismo, democrazia), l’informazione e gli insegnamenti siano ancora inadeguati, col risultato che poi il Giudice, deve procurarsi autonomamente gli strumenti storici necessari per affrontare questioni anche di particolare delicatezza. Varrebbe la pena, credo, di aggiungere qualche materia e qualche corso in più a quelli che si fanno su temi rigorosamente giuridici, al centro e nelle sedi periferiche, con particolare riferimento alle cennate tematiche, sotto il profilo storico-politico e sotto quello strettamente giudiziario (ad esempio, sulla legge “Scelba” e sulla legge “Mancino”). Io credo che sarebbe tutt’altro che superfluo; anzi sarebbe sicuramente utile e proficuo per i giudici di “prima linea” che si trovano talora ad affrontare questioni più grandi e complesse delle loro stesse conoscenze.
Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell'Anpi