Manifesto Anpi-Istituto Cervi per una campagna antifascista
Quello che segue è il documento elaborato da ANPI nazionale e Istituto Alcide Cervi - presentato il 25 luglio alla "pastasciuttata" che tradizionalmente viene organizzata a Casa Cervi - che sarà la base della campagna che verrà lanciata in settembre per rilanciare l'antifascismo e contrastare il neofascismo.
Per un nuovo impegno e una nuova cultura antifascista
1) Benché in Italia esista un gruppo consistente, diffuso e coerente di veri, sinceri e impegnati antifascisti, non c’è dubbio che il Paese avrebbe bisogno di una forte iniezione di antifascismo, capace di diffonderlo fra i cittadini e di farlo penetrare nella cittadella delle istituzioni, come condizione essenziale per il consolidamento della democrazia.
Ciò a maggior ragione perché ci troviamo in una fase in cui in tutta Europa spirano venti di conservazione, di populismo e addirittura, in alcuni casi, di autoritarismo: donde la crescita e la diffusione di movimenti dichiaratamente neonazisti.
In Italia, quelli che apparivano semplici rigurgiti di nostalgia, si stanno manifestando con rinnovato impegno, con rinnovata ampiezza e con crescente diffusione. Si aprono nuove sedi di movimenti neofascisti, si assumono iniziative, spesso ardite, da parte di Forza Nuova, di “Fiamma Tricolore”, di “Casa Pound”, con un vero e proprio crescendo e spesso con la protezione e l’incoraggiamento anche da parte di pubblici amministratori.
Cresce anche la violenza delle manifestazioni, anche da parte di coloro che – storicamente – risorgono in occasione delle crisi cercando di approfittarne e finiscono sempre per porre in essere vere e proprie spinte verso destra, i cui sbocchi – sempre sotto il profilo storico – sono sempre stati nefasti.
Si aggiungono anche i tentativi di collegamento, addirittura a livello europeo, di cui è manifesta dimostrazione il convegno neofascista e neonazista di Milano, con un forte afflusso di esponenti della destra “nera” da tutta Europa.
In questa situazione complessiva, la linea di difesa di coloro che credono nei valori della democrazia e dell’antifascismo è ancora troppo debole e spesso incerta tra la reazione immediata e la riflessione più ampia e il tentativo di coinvolgere nella resistenza e nel contrattacco, molti cittadini e le stesse istituzioni.
Colpisce il fatto che l’esposizione di simboli fascisti e le manifestazioni aperte di fascismo e nazismo lascino indifferente tanta parte dei cittadini, che non ne considera la gravità e la pericolosità, e trovino un clima troppo tiepido anche nelle istituzioni che dovrebbero garantire il rispetto della Costituzione. Istituzioni che, al più, possono prendere in considerazione il problema sotto il profilo dell’ordine pubblico, senza avvedersi che il problema è molto più serio e coinvolge princìpi e tematiche riferibili ai valori costituzionali.
Tutto questo trova le sue radici nel fatto che il nostro Paese non ha mai fatto i conti con il proprio passato, non ha mai analizzato e fatto conoscere a fondo il fascismo, ha trascurato non di rado le pagine più belle della nostra storia, come la Liberazione dai tedeschi e dai fascisti, ed infine è stato troppo tiepido di fronte ai continui attacchi di negazionismo e di revisionismo.
Si è diffusa la falsa idea di un fascismo “buono” e “mite”, contro la verità e la realtà, a fronte dei tremila morti del primo periodo del fascismo, delle leggi razziali, delle persecuzioni di chi non era fascista e della guerra in cui sono stati mandate al massacro decine di migliaia di giovani e si è rovinato e distrutto il Paese.
Revisionismo e negazionismo favoriscono la sottovalutazione dei fenomeni, producono diseducazione e disinformazione, non aiutano la diffusione di un antifascismo di fondo, che dovrebbe essere il connotato comune di tutte le generazioni.
Ancora più grave il fatto che le stesse Istituzioni, mai liberate del tutto dalle incrostazioni fasciste, facciano così poco per trasformarsi in quegli organismi democratici che disegna la Costituzione, con fondamentali disposizioni come l’art. 54 e l’art. 97, ma poi con tutto il quadro dei princìpi che ne costituiscono l’ossatura, il fondamento e la base. Eppure dovrebbe essere chiaro che ogni spazio che si lascia aperto e ogni ostacolo che oggettivamente si frappone allo sviluppo della democrazia, rappresentano un’occasione di crescita dei movimenti fascisti e nazisti; e dunque dev’essere evitata ogni possibile concessione, volontaria o meno, ai nemici della democrazia.
Il fatto che un Comune come quello di Roma possa mostrare aperta simpatia verso i movimenti neofascisti, così come il fatto che troppi prefetti e questori restino inerti (oppure si attestino, come si è detto, sull’ordine pubblico) a fronte di manifestazioni che dovrebbero ripugnare alla coscienza civile di tutti, sono rivelatori di una permeabilità assai pericolosa per istituzioni che – per definizione – dovrebbero essere democratiche.
Ma c’è di più: è una singolare “dimenticanza” quella di un Governo (quello attuale) che, ripartendo i contributi annuali in favore di Associazioni combattentistiche, li assegna (e in misura ridotta) soltanto alle Associazioni d’arma, ma nulla prevede, per il 2012, per le altre Associazioni e in particolare per quelle partigiane, con provvedimenti che sanno di vera e autentica discriminazione.
Ma c’è dell’altro. Noi siamo convinti che gran parte degli appartenenti alle forze dell’ordine sia rispettosa delle norme costituzionali e dei doveri connessi alla loro funzione; ma non possiamo non constatare che ancora troppi sono gli episodi di violenza ingiustificata e arbitraria, da quelli collettivi (per tutti, l’esempio del G8 di Genova) a quelli individuali (episodi anche recenti, di cui si è diffusamente occupata la stampa, come i pestaggi di cittadini inermi e gli “anomali” trattamenti riservati ad alcuni arrestati). Questo dimostra che è ancora insufficiente il livello di democratizzazione e di formazione all’interno di Corpi che dovrebbero essere sempre e concretamente impegnati nella difesa della democrazia e della convivenza civile, nel profondo rispetto dei diritti del cittadino.
Infine, la scuola. Davvero questa scuola è in grado di educare i cittadini alla cultura della legalità, al culto della democrazia, ad una seria e consistente formazione antifascista? E’ appena il caso di ricordare che perfino nella legge “Scelba (n.645/1952), all’art. 9, si dettava una norma (peraltro mai applicata fino ad oggi) che disponeva che fosse diffusa nelle scuole e fra i giovani la conoscenza di ciò che è stato il fascismo.
Se, infine, si passa alle istituzioni più decentrate, il problema è altrettanto evidente; ci sono Regioni che non hanno mai adottato alcun provvedimento a favore della ricerca storica sugli eventi più recenti e della formazione di una cultura democratica; altre hanno adottato provvedimenti del genere, che applicano – peraltro - con criteri discutibili, oppure non li rendono – di fatto – operanti in termini concreti.
Generale e diffusa è poi la sottovalutazione dei fenomeni europei, dei pericoli che derivano dalle esperienze populistiche e autoritarie in atto e di quelli che nascono dai collegamenti che si vanno istituendo tra le organizzazioni, comprese quelle italiane, che si ispirano al neofascismo e al neonazismo.
2. Insomma, un quadro davvero insoddisfacente e per alcuni versi addirittura preoccupante, contro il quale occorre reagire non solo episodicamente, ma in modo coordinato e diffuso, che riguardi i cittadini, le associazioni, i partiti, i movimenti, ma si riferisca anche alle istituzioni.
Occorre, cioè, delineare un programma non solo di difesa democratica, ma anche di sviluppo dell’antifascismo e della cultura dei valori e dei princìpi costituzionali. Un programma – politico e culturale - che riguardi tutti, senza esclusioni e senza eccezioni, e che sia fortemente impegnato e partecipato. Un programma che sia fondato su questi essenziali elementi:
a) A fronte delle manifestazioni di neofascismo, per le quali la contrapposizione violenta non serve e talvolta è addirittura dannosa, occorrono prese di posizione delle associazioni e delle istituzioni, dichiarazioni di non gradimento da parte di pubbliche autorità, elettive e non, interventi degli organi preposti all’ordine pubblico soprattutto sotto il profilo della non compatibilità di tali manifestazioni con i princìpi costituzionali visti nel loro complesso (non è solo la dodicesima disposizione transitoria a mostrare una linea antifascista, ma è l’intero complesso dei princìpi e delle disposizioni normative ad assumere tale carattere). Occorrono, quando sia ritenuto opportuno, presìdi delle forze democratiche, ovviamente pacifici, ma idonei a dimostrare e a contrapporre una forte presenza antifascista;
b) Le associazioni democratiche e antifasciste devono assumere in posizione centrale nei loro programmi di lavoro, la formazione dei propri iscritti e anche quella dei cittadini, per una compiuta conoscenza di ciò che è stato il fascismo e di ciò che rappresentano certi simboli di morte e di guerra e per una corretta informazione anche sul contributo dei fascisti alla persecuzione degli ebrei, degli antifascisti, dei partigiani e perfino delle popolazioni civili, soprattutto negli anni dal ‘43 al ‘45, quando i fascisti non furono da meno i tutti i casi in cui si scatenò la barbarie nazista;
c) Le stesse Associazioni devono impegnarsi a fondo per contribuire a creare una cultura della legalità e della cittadinanza, un culto della convivenza civile, della tolleranza e della coesione, contro ogni forma di discriminazione e dei fondamenti e dei contenuti della Carta Costituzionale;
d) Regioni e Comuni devono considerare, nei loro programmi di attività, il contributo della ricerca storica per la conoscenza del fascismo e della Resistenza, il rispetto delle festività più significative sul piano dei valori (come il 25 aprile e il 2 giugno) e scendere in campo in prima persona contro ogni tentativo di negare o svalorizzare i significati ad esse collegati, garantendo la più ampia partecipazione dei cittadini e contrastando, in ogni forma, tutte le manifestazioni contrarie allo spirito che pervade la Costituzione italiana;
e) Le istituzioni centrali devono fare quanto occorre per rendere il “corpo” dello Stato il più possibile democratico e vicino alle esigenze ed alle attese dei cittadini, e per garantirne l’impermeabilità rispetto ad ogni intrusione da parte di chi non si richiama ai valori costituzionali; devono altresì procedere alla formazione, al loro interno, del personale perché si ispiri alle regole dettate dalla Costituzione, non lasciando alcuno spazio all’autoritarismo, al sopruso, alla corruzione, al burocraticismo esasperato, alla mancanza di rispetto per i diritti dei cittadini;
f) Il Governo, nel suo complesso, e in particolare i Ministeri dell’istruzione e della coesione sociale, debbono adottare misure adeguate perché si insegni nelle scuole non solo la nostra storia più recente e le sue pagine migliori (dal Risorgimento alla Resistenza) ma la stessa concezione della democrazia, Debbono altresì essere adottate misure adeguate per la formazione del cittadino alla convivenza civile ed ai valori di fondo del nostro sistema democratico; favorendo, al tempo stesso, l’integrazione e la coesione sociale e fornendo agli stranieri che si inseriscono stabilmente sul nostro territorio, gli strumenti necessari per l’acquisizione di un vero senso di appartenenza;
g) Alla Magistratura, si richiede di essere attenta ai fenomeni più volte descritti ed al loro significato, e di essere pronta a intervenire contro ogni eccesso, tenendo presente che vi sono alcune leggi (come la cosiddetta legge Scelba) ormai di difficile applicazione ed altre invece (come la legge n. 205 del 1993, cosiddetta “Mancino”), che offrono potenzialità di intervento veramente notevoli anche a fronte di manifestazioni apertamente fasciste (potenzialità esattamente colte dalla stessa Corte di Cassazione con due sentenze che meritano di essere ricordate, fra le altre per la loro esplicita chiarezza nell’individuare lo stretto collegamento tra fascismo e razzismo: la sentenza n. 12026/2007 del 10 luglio 2007 e la sentenza 235/09 del 4.3.09).
Certo, non è solo con la repressione che si contrastano i fenomeni più volte ricordati; tuttavia – quando ne ricorrono i presupposti – le leggi vanno applicate e fatte rispettare con convinzione, se non altro perché anche questo costituisce un significativo segnale dell’indirizzo a cui lo Stato intende attenersi; d’altro lato, l’esistenza di un procedimento penale può fungere anche come deterrente e come occasione, per le Associazioni che svolgono un’attività antifascista, per sollevare apertamente il problema e far conoscere la realtà, insomma in qualche modo creare fra i cittadini quell’interesse e quella “cultura” antifascista di cui più volte abbiamo parlato, superando ogni forma di agnosticismo, ed ogni tipo di sottovalutazione.
3. Si apre, dunque, una grande battaglia, che richiede un impegno diffuso, da parte di tutti i cittadini e delle Istituzioni.
Uno studioso ha scritto di recente un libro con un titolo significativo: “Italia: una nazione senza Stato”, osservando che se si è ormai costruita l’anima (la Nazione) manca, tuttavia, un “corpo” che a quella corrisponda (cioè una Costituzione non solo bella ma applicata concretamente e rispettata, Governi duraturi, Parlamento che funziona, leggi comprensibili e ispirate a interessi generali, strutture organizzative efficienti e imparziali, burocrazia non arcigna ma fatta per il cittadino, e così via).
Noi siamo d’accordo, in linea di principio, ma pensiamo che in materia di democrazia e di antifascismo ci sia bisogno di uno slancio salutare e innovativo sia per l’anima che per il corpo; ed a questo vogliamo contribuire con una grande campagna di massa per creare una vera cultura dell’antifascismo e della democrazia, per disperdere ogni vocazione autoritaria e populistica, per ricreare la fiducia reciproca fra cittadini e istituzioni. Una Repubblica, dunque, in cui non ci sia più spazio per un passato tragico e doloroso che mai più deve poter tornare in nessuna forma, in questo Paese.
Per quanto riguarda le Associazioni firmatarie del presente documento, deve essere chiaro che esse intendono collocarsi in prima linea, nel quadro dell’impegno e della campagna di informazione e formazione, e dunque politica e culturale, con tutte le forze e gli strumenti di cui le rispettive organizzazioni dispongono, facendo in modo che la questione dell’antifascismo e della democrazia diventi veramente una questione nazionale e si avvii verso sbocchi ampiamente e concretamente positivi per l’intera collettività.