Lodovico Quaranta
La famiglia Quaranta, già proprietaria di una ditta dolciaria, si trasferisce a Stradella, nel territorio di Pavia, dove il giovane Lodovico trova lavoro in una fabbrica di fisarmoniche. Chiamato alla leva, svolge il servizio militare in Aeronautica, a Milano. I fascisti lo tengono d’occhio per le sue idee politiche antiregime e un giorno, mentre in congedo è di ritorno a casa, viene fermato e condotto in un campo sportivo adibito a campo di concentramento. Grazie all’aiuto dei familiari riesce però a scappare. È arrestato nuovamente dai tedeschi dopo l’Armistizio: trasferito a Verona, anche stavolta riesce a fuggire e con l’aiuto dei ferrovieri attivi nella Resistenza approda in un paese ligure vicino al Passo del Turchino. Da lì rientra al suo paese, ma la notizia arriva subito ai repubblichini. L’abitazione viene perquisita, la sorellina di 10 anni picchiata, mentre Lodovico è nascosto nel sottoscala.
Nel luglio ’44, prende contatti coi partigiani di Giustizia e Libertà e combatte, nome di battaglia “Tito”, nella Volante del Tenente Guido (Guido Dassori), specializzata in fulminee azioni di reperimento armi e cattura di militi delle Brigate Nere da scambiare con familiari dei partigiani imprigionati. Alla fine dello stesso anno la sua formazione si unisce alle Brigate Matteotti del Comandante Fusco (Cesare Pozzi LINK) e Lodovico scorterà la missione incaricata di prendere contatti con il CLNAI di Milano. Gli incontri si tengono in un rifugio antiaereo a Piazza Aquileia, dove conosce Sandro Pertini.
Nel dopoguerra entra nella Polizia Municipale e diviene maresciallo. Attivissimo nell’ANPI, si dedica a organizzare escursioni sui luoghi della Resistenza in Oltrepò e – in qualità di presidente della biblioteca del quartiere Vallone – alla promozione della lettura. Per questo impegno, il Comune di Pavia gli ha conferito il “Diploma di Medaglia d’Oro di Benemerenza”.