Franca Tazio
Cresciuta, tra grandi ristrettezze, con altri sette tra fratelli e sorelle, in una famiglia di Altavilla, al momento dell'armistizio entrò a far parte come staffetta di quella che sarebbe diventata la Brigata Matteotti "Fratelli Ambrogio". La Brigata, comandata da Paolo Farinetti, era operativa tra Tre Stelle, Barbaresco, Neive a Trezzo Tinella e la ragazza, molto pratica della zona, riuscì per alcuni mesi a svolgere i compiti che le venivano assegnati senza dare nell'occhio.
Il 13 febbraio del 1944 la drammatica sorpresa. "Franca" (col suo vero nome era conosciuta dai partigiani), sulla strada per Alba era entrata nella chiesetta della Madonna degli Angeli. Era raccolta in preghiera quando fu sorpresa da due repubblichini che senza dire una parola la ammanettarono e la trascinarono in strada. Erano ad attendere "Franca" una cinquantina di fascisti a cavallo che, sbattutala su un calesse, la trasportarono nelle vecchie carceri di Alba.
Per giorni e giorni la ragazza fu sottoposta ad ogni sorta di torture (compreso il "trattamento" su una rudimentale sedia elettrica), nel vicino Convitto perché tradisse i suoi compagni, ma la giovane non parlò. Il suo atteggiamento non mutò nemmeno quando i fascisti sghignazzando la informarono di aver già eliminato un suo cugino (il partigiano Tersio Colombano), di aver incarcerato suo padre, sua madre, un fratello, di aver rinchiuso alle "Nuove" di Torino una sorellina quattordicenne e le annunciarono che la sua condanna a morte sarebbe stata eseguita, come d'abitudine, nella piazza del Duomo di Alba.
Franca Tazio, che dopo la Liberazione si è dedicata al volontariato e alla testimonianza sull'impegno nella Resistenza, non morì, così come si salvarono la sorellina e gli altri parenti grazie all'azione di Paolo Farinetti e dei suoi compagni, che nel marzo del 1945 realizzarono quella che ad Alba è ricordata come "la beffa delle Carceri".