Vittorio Foa
Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita all'Università di Torino nel 1931, matura un particolare interesse per gli studi economici. Amico di Leone Ginzburg, nel 1933 si avvicina al gruppo antifascista di "Giustizia e Libertà" e collabora, con lo pseudonimo di Emiliano, agli omonimi quaderni che Carlo Rosselli pubblica a Parigi.
Nel maggio del 1935, denunciato dall'agente dell'OVRA Dino Segre (noto, col nome di scrittore, come Pitigrilli), Foa è arrestato con altri sei antifascisti e deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Quei giudici - considerando un'aggravante che egli, in alcuni articoli economici, avesse chiarito che, sotto lo schema corporativo del regime fascista, in realtà si celava la subordinazione dello Stato ai grandi gruppi di potere finanziari e industriali - furono con Foa particolarmente duri. Lo condannarono infatti a quindici anni di carcere. Era il febbraio del 1936 e il giovane antifascista passò otto anni nelle celle dei penitenziari di Roma, Civitavecchia e Castelfranco Emilia. Fu scarcerato dopo la caduta di Mussolini, ma occorsero gli scioperi di Milano e Torino e le pressioni dei commissari delle Confederazioni sindacali, Buozzi e Roveda, su Badoglio, prima che il governo del generale lasciasse tornare in libertà Foa e gli altri antifascisti. Così Foa passa, dal carcere, all'illegalità nella Resistenza.
Rappresentante del Partito d'Azione nel CLN del Piemonte, rappresenta poi il suo partito nel Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, occupandosi tra l'altro, della stampa clandestina e scrivendo di riforme economiche e sociali e di democrazia operaia. Dopo la Liberazione, è membro della Direzione del PdA e deputato alla Costituente, dando un determinante contributo alla stesura degli art. 39 e 40 della Costituzione, sulla libertà di organizzazione sindacale e sul diritto di sciopero.
Nel 1948 entra nella CGIL con incarichi di direzione all'Ufficio economico. Deputato socialista per tre legislature, nel 1955 Vittorio Foa diventa segretario nazionale della FIOM. Due anni dopo entra nella Segreteria della CGIL.
È nel 1970 che Foa decide di lasciare gli incarichi sindacali, per dedicarsi agli studi. Insegna Storia contemporanea nelle Università di Modena e di Torino, ma non si estrania dalla vita politica. Dal 1987 al 1992 è senatore, eletto nelle liste del PCI e poi del PDS come indipendente. Tra i suoi tanti scritti vale ricordare: La cultura della CGIL-Scritti e interventi 1950-1970del 1984, Il Cavallo e la Torre. Riflessioni su una vitadel 1991, Questo Novecentodel 1996, Lettere della giovinezza. Dal carcere 1935-1943del 1998.
Negli ultimi anni Foa ha stabilito il suo domicilio in provincia di Latina, a Formia, con Sesa Tatò, che ha sposato dopo che per molti anni è stata sua compagna. L'11 agosto del 1998, il Consiglio comunale di Formia ha conferito, all'unanimità, a Vittorio Foa la cittadinanza onoraria "per meriti civili e culturali".
La notizia della morte di Vittorio Foa è stata data, d'intesa con la famiglia, dal segretario del Partito democratico Walter Veltroni. «È un immenso dolore per noi, per il popolo italiano, è un immenso dolore per gli italiani che credono nei valori di democrazia e libertà, per l'Italia che lavora, per il sindacato a cui Vittorio Foa ha dedicato la parte più importante della sua vita», ha dichiarato Veltroni in una nota. «È un dolore per me personalmente perché Vittorio Foa incarnava ai miei occhi il modello del militante della democrazia, un uomo con una meravigliosa storia di sofferenza, di lotta e di speranza, un uomo della sinistra e della democrazia, mosso da un ottimismo contagioso e da un elevatissimo disinteresse personale», ha sottolineato ancora. «A Sesa, ai figli ci stringiamo con affetto. Penso che tutto il paese senta Vittorio Foa come uno dei suoi figli migliori», ha concluso il segretario del Pd.
Del cordoglio del paese si è fatto interprete il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Partecipo con profonda commozione personale al generale cordoglio per la scomparsa di Vittorio Foa. Egli è stato senza alcun dubbio una delle figure di maggiore integrità e spessore intellettuale e morale della politica e del sindacalismo italiano del Novecento. La sua dedizione alla causa della libertà, cui pagò da giovanissimo un duro prezzo nelle carceri fasciste, la sua partecipazione alla Resistenza, il suo appassionato e illuminato impegno nell'Assemblea Costituente e nel Parlamento repubblicano, la sua piena identificazione - da combattivo dirigente della CGIL e da studioso - con il mondo del lavoro, gli hanno garantito un posto d'onore nella storia dell'Italia repubblicana. Egli ha dato prove esemplari del suo disinteresse e del suo rigore e ha vissuto i suoi ultimi anni con riserbo e sobrietà, rompendo in rare occasioni il silenzio per trasmettere messaggi sempre lucidissimi di fede nei valori democratici e costituzionali. Anche per il lungo rapporto di fraterna amicizia e di vivissima stima che a lui mi ha legato, mi associo con affetto al dolore dei famigliari e di quanti gli sono stati più vicini".
A sua volta Vannino Chiti, vice presidente del Senato, ha affermato: "A Foa abbiamo guardato come ad un esempio luminoso"... "alla sua lucidità di pensiero, alla sua vita esemplare colma di battaglie in difesa della democrazia e della pace, dei valori fondanti della Repubblica e della Costituzione, del lavoro e della giustizia sociale". Gianfranco Rotondi - ministro per l'Attuazione del programma - ha a sua volta affermato: "È un giorno di lutto per l'Italia. Se ne va uno degli uomini che hanno segnato la storia culturale della sinistra nel nostro Paese".