Livio Caminata
Livio Caminata ha 16 anni e si è appena diplomato ottico, quando il 15 settembre 1943, una settimana dopo l'armistizio, prende contatti con il Comando della 33ª Brigata Matteotti, operante nel territorio metropolitano di Milano. Tutta la famiglia è impegnata nella lotta contro l'occupante: il fratello maggiore Sergio e il cugino Italo Corazza hanno raggiunto le nascenti formazioni partigiane attestate sui monti del varesotto e cadranno in battaglia già nel novembre. Con il padre Alessandro, anche lui attivo nella Resistenza, il ragazzo dovrà riconoscere i loro corpi. Per quasi un anno partecipa a numerose azioni di contrasto e reperimento armi che vengono nascoste in via Bramante, in un locale adiacente il civico dove abitano i Caminata.
Il 15 agosto '44 la sempre più stretta sorveglianza dei repubblichini e delle SS costringe Livio a lasciare la città. Va in Val Grande (Verbano-Cusio-Ossola) ed è capo plotone della locale Brigata Garibaldi, poi il 20 settembre si unisce alla Divisione autonoma Valdossola, guidata da Dionigi Superti. L'11 ottobre ‘44, durante la battaglia in difesa della Repubblica dell'Ossola, viene colpito alla testa, alle mani e alle gambe da schegge di mitraglia. Coi treni allestiti per portare in salvo i feriti e la popolazione minacciata dalla rappresaglia nazifascista arriva in Svizzera, ricoverato prima all'ospedale di Zofingen e in seguito a Olten. È ancora convalescente quando con l'aiuto dei ferrovieri italiani si organizza il suo rientro in Patria. Attenderà cinque giorni sotto un ponte lungo i binari per salire sul convoglio concordato e giungere a Zavatterello (Pavia), il 25 aprile 1945. Finalmente il 27 è a Milano a festeggiare la Liberazione.
Un documento a firma di Giovanni Pesce testimonia l'attività partigiana di Livio Caminata che, nel 1947, entra nei Vigili del Fuoco – il corpo dove si era arruolato volontario il compianto fratello maggiore – restandovi fino alla pensione. È stato insignito di due Croci di Guerra al Valor Militare.