Giovanni Martini
Già durante gli anni della dittatura fascista, Martini era stato attivo nell'organizzazione clandestina del Partito comunista e nel settembre del 1943 fu tra i primi organizzatori delle formazioni partigiane bolognesi. "Paolo" (questo il suo nome di battaglia), partecipò, come vice comandante della 7ª brigata GAP, alle più importanti azioni della formazione, compresi i combattimenti di Porta Lame. Nel dicembre del 1944 fu Martini a dirigere l'attacco alla prigione di San Giovanni in Monte, che si concluse con la liberazione di duecento detenuti politici. Pochi giorni dopo l'epica impresa, "Paolo" cadde nelle mani dei nazifascisti che, per farlo parlare, lo sottoposero ad una feroce tortura. Così, nella motivazione della ricompensa al valore, è ricordata la fine di Martini: "Catturato, fu sottoposto ad orribili sevizie ed un cerchio di ferro gli fu applicato al capo, che veniva lentamente stretto onde strappargli col dolore notizie sull'attività partigiana. Ma l'inumana tortura non lo piegò e ne esaltò anzi il leonino coraggio e la sublime fede. Mentre con un ultimo giro di vite i carnefici gli fracassarono la scatola cranica, le sue labbra si dischiusero e la fiera risposta fu: l'idea non si serve con la delazione, ma con il sacrificio. Esempio superbo di spirito di sacrificio e di amore di Patria".