Nado Canuti
Nel settembre del 1943, ancora ragazzino, si era messo, con altri amici, a raccogliere armi da consegnare alla Resistenza. Nel novembre, mentre maneggiava uno degli ordigni recuperati, questo gli esplose in mano e Nado subì la traumatica amputazione della mano sinistra e di alcune dita della destra. Arrestato dai nazifascisti, il ragazzo fu sottoposto a stringenti interrogatori ma non si lasciò sfuggire alcuna informazione che potesse essere utile ai nemici.
Rilasciato per il suo stato e per la sua età, Canuti nonostante la gravissima mutilazione, continuò coraggiosamente ad impegnarsi nella Resistenza in Valdichiana, compiendo rischiose azioni di sabotaggio e, nei giorni della Liberazione, offrendosi per disinnescare le mine piazzate dai tedeschi per far saltare in aria il centro del paese di Bettolle.
Nel dopoguerra, dopo aver lavorato per sei anni in uno stabilimento siderurgico di Piombino, Nado Canuti si trasferì a Milano e, da autodidatta si impegnò in campo artistico diventando un affermato scultore, imponendosi anche all’estero con le sue opere, molte delle quali ispirate alla Resistenza, come i suoi monumenti a Cornegliano Laudese, Lodi (in piazza Omegna) e Piombino.
Nel 1987, a cura di G. Tedeschi, Canuti ha pubblicato con Mursia la sua testimonianza sulla Resistenza in un libro dal titolo “Fronte Italiano – C’ero anch’io”. Sulle opere di Nado Canuti l’editore La Pietra ha pubblicato, di Luciano Galmozzi, “Monumenti alla Libertà. 1984-1985”