Amedeo Ferrari
Figlio di un ferroviere, rimase orfano in tenerissima età e, a soli 12 anni, cominciò a lavorare a Monza. Socialista interventista combatté nella Prima guerra mondiale ma, tornato dal fronte, si diede ad organizzare il sindacato tra i suoi compagni di lavoro. Nel 1920 diresse l'occupazione della "Radice" (la fabbrica in cui lavorava), e l'anno successivo costituì, con una diecina di altri militanti, la Sezione di Monza del PCd'I, della quale fu eletto segretario. Per sfuggire alle ripetute aggressioni degli squadristi monzesi, Ferrari si trasferì a Bergamo con la moglie (Paola Giannella, questo il suo nome), che si sarebbe impegnata nella lotta antifascista come organizzatrice del "Soccorso Rosso" e che avrebbe subito anni di confino. Verso la fine del 1922, Amedeo Ferrari fu arrestato durante una manifestazione politica. Nel 1927 nuovo arresto a Milano e conseguente deferimento al Tribunale speciale. Il 25 ottobre 1928, per Ferrari arriva la condanna a due anni di reclusione. Espiata la pena, l'operaio antifascista torna a Monza e diventa il punto di riferimento per l'organizzazione comunista clandestina della Brianza. Fu lui che, nel gennaio del 1943, si fece promotore, a Monza, delle prime iniziative propagandistiche contro la guerra. Ferrari poté svolgere il suo lavoro politico sino al mese di luglio quando, poco prima della caduta di Mussolini, fu di nuovo arrestato. Ma all'indomani del 25 luglio, alla testa del corteo che si svolse per le strade di Monza e si concluse con il primo grande comizio in Piazza Trento e Trieste, c'era proprio Amedeo Ferrari. E Ferrari fu anche, dopo l'8 settembre, tra i primi organizzatori della Resistenza armata (a Pizzo d'Erna, sopra Lecco, dove tra il 17 e il 20 ottobre 1943 si svolse la prima battaglia partigiana nell'Italia settentrionale - come ricorda una lapide posta all'arrivo della funivia - Ferrari comandava la formazione "Pra' Pelà"). L'operaio comunista morì combattendo contro i nazifascisti in Valgrande. Il suo nome è compreso tra quelli dei caduti, incisi su una lapide al "Broletto" di Novara.