Nazzareno Ciofo
Richiamato alle armi con l'entrata dell'Italia fascista nella Seconda guerra mondiale, Nazzareno Ciofo è inquadrato nella Divisione “Venezia”, che inizialmente opera sul fronte greco-albanese e successivamente è trasferita nei Balcani, in particolare negli impervi territori della Bosnia, dell'Erzegovina e del Montenegro. Nazzareno è geniere della 76ª compagnia artieri.
All'indomani dell'8 settembre la Divisione “Venezia”, che con la “Taurinense” conta 22.000 uomini, si ribella agli ordini del gen. Renzo Dalmazzo, comandante la IX Armata e rifiuta la resa incondizionata imposta dai tedeschi e dai loro alleati fascisti. Sulla decisione influiscono anche il disgusto per le stragi nazifasciste delle popolazioni montenegrine e il fatto che numerosi fra soldati e ufficiali di minor grado erano antifascisti.
Il 2 dicembre si costituisce la Divisione italiana Partigiana “Garibaldi” che opererà con la Resistenza jugoslava fino alla fine del conflitto. Grazie a competenze e abilità, Nazzareno costruisce grosse bombe anticarro, correndo molti rischi perché ovviamente sono ordigni artigianali, ripieni di tritolo e ferraglie. Fanno bene il loro lavoro però contro i potenti mezzi di trasporto tedeschi.
Il 2 settembre 1944, catturato dai cetnici, cioè i nazionalisti montenegrini, è condotto a Gacko (Erzegovina), sottoposto a maltrattamenti e minacce di morte. Proprio lo stesso giorno i partigiani jugoslavi insieme agli italiani della 2ª Brigata “Garibaldi” costringono il nemico a una precipitosa ritirata. I collaborazionisti cetnici in fuga non possono lasciarsi alle spalle prigionieri e così gli sparano una raffica di pallottole esplosive che non uccidono Nazzareno ma lo feriscono gravemente, frantumandogli la tibia sinistra. Le schegge sono talmente tante che per tutta la vita continueranno a uscirgli dalla gamba, nonostante sia stato più volte operato dopo il rimpatrio e il ricovero all'ospedale militare di Bari, dove trascorre mesi. E per ben quattro anni rimane ingessato oltre a dover essere più volte nuovamente ricoverato e sottoposto a interventi chirurgici.
Il contributo italiano alla Liberazione della Jugoslavia è stato enorme, non vanno infatti dimenticate la Divisione “Italia” e la Divisione “Garibaldi Natisone”, oltre ad altre circa venticinque circa brigate, per un totale di 40.000 uomini. La sola Divisione “Garibaldi” ebbe un numero altissimo di vittime: 11mila i caduti accertati e i dispersi, pari al 50% degli effettivi, e dell'altra metà la maggioranza venne rimpatriata per ferite o malattia.
Nazzareno Ciofo è stato insignito di ben quattro Croci di Guerra al Valor Militare dallo Stato italiano e per il “contributo prestato alla comune vittoria sul fascismo e per l'avvicinamento e l'amicizia tra i popoli” gli sono stati attribuiti altre onorificenze dalla Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, tra cui il Serto d'Argento, prestigiosa decorazione al valore dell'Ordine della Fratellanza e l'Unità. Ad una delle iniziative di conferimento dei riconoscimenti partecipò anche il Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Le Croci di Guerra, i diplomi, le medaglie jugoslave insieme a foto di Nazzareno durante la Resistenza e altri importanti reperti e documenti sono stati donati nel 2022 dalla figlia del partigiano, Rossana Ciofo, all'Anpi Nazionale.