Vincenzo Baldazzi
Sin da ragazzo militante del Partito repubblicano, nel 1914 partecipò ai "moti di Ancona" che portarono alla "Settimana rossa". Durante quella dimostrazione antimilitarista (organizzata da repubblicani, anarchici e socialisti), i carabinieri spararono sulla folla uccidendo tre manifestanti. Ciò non impedì a Baldazzi di partecipare da volontario, come "interventista di sinistra", alla Prima guerra mondiale, durante la quale fu gravemente ferito sull'altopiano della Bainsizza.
Nel 1921 fu tra i fondatori, a Roma, degli Arditi del popolo che, in contrapposizione agli arditi fascisti si batterono a Civitavecchia e Viterbo contro gli squadristi, nei giorni della "marcia su Roma".
Processato in contumacia, nel 1924, per "costituzione di bande armate", Baldazzi, dopo la promulgazione delle "Leggi eccezionali" del 1926, fu confinato a Lampedusa. Nel 1927 fu di nuovo arrestato e, l'anno dopo, condannato dal Tribunale speciale a 5 anni di reclusione per aver inviato alla madre dell'anarchico Gino Lucetti un sussidio di 300 lire, dopo un mancato attentato a Mussolini. Sino al 25 luglio 1943, Baldazzi passò gli anni al confino, tra Fregene, Ventotene, Ponza, Tremiti e San Domino.
Liberato, fu tra gli organizzatori della Resistenza a Roma. Dopo la vana difesa della Capitale (al fianco di Antonello Trombadori, Manlio Rossi Doria, Giuliano Vassalli e altri antifascisti), Baldazzi assunse, col nome di battaglia di "Cencio", il comando delle formazioni di "Giustizia e Libertà" operanti nel Lazio.
Con lo scioglimento del Partito d'Azione, Baldazzi (anche in virtù di un'antica amicizia con Sandro Pertini), dopo la Liberazione si iscrisse al PSI, facendovi confluire un Circolo romano intitolato a "Giustizia e Libertà".