Eugenio Calò
Figlio di un piccolo industriale, dopo aver frequentato le scuole professionali, aveva lavorato per alcuni anni nell'azienda enologica paterna. Nel 1929 si trasferisce ad Arezzo ed avvia un'officina per macchine agricole. Nel 1936 sposa Carolina Lombroso (sono entrambi ebrei) e nel 1938 la coppia si trasferisce nel Mugello. Dopo l'armistizio, Eugenio entra nella Resistenza e diviene vice comandante della XXIII brigata “Pio Borri”, operante nella zona del Casentino, tenendo i contatti tra i partigiani e il Comando alleato. Nel marzo 1944, la moglie che è incinta, e i figli Elena, Albertino e Renzo vengono arrestati e rinchiusi nel carcere delle Murate a Firenze, poi deportati e, passando per il campo di raccolta di Fossoli, destinati ad Auschwitz. Carolina partorisce sui carri piombati durante il tragitto. Il 23 maggio, appena arrivati nel campo di sterminio, tutti e cinque sono eliminati nelle camere a gas. Eugenio, ignaro della tragica fine dei suoi cari (crede siano stati deportati a Mauthausen), dopo frequenti attraversamenti delle linee nemiche, è catturato durante l'ennesimo rastrellamento tedesco. Imprigionato e seviziato a Villa Mancini di San Polo, frazione di Arezzo, Calò è condotto e trucidato nel boschetto di Villa Gigliosi con altri partigiani e civili. Secondo la ricostruzione dell'eccidio, le vittime vennero frustate, percosse e seppellite vive in tre fosse comuni fatte esplodere con la gelatina. A Eugenio Calò è stata conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria con questa motivazione: “Rispose pronto al grido della Patria; sapendo moglie e figli catturati, antepose all'amore per la famiglia la fede profonda negli ideali, supremi valori di libertà e di giustizia. Organizzatore e animatore instancabile, pur menomato nel fisico, dette tutto se stesso al consolidamento dei reparti partigiani, affrontando intrepido disagi gravissimi e rischi continui. Combattente, vicecomandante di Divisione partigiana, affermava doti altissime di coraggio e di sprezzo del pericolo che specialmente brillarono nell'attraversare le linee germaniche con un folto gruppo di prigionieri che stavano per essere liberati, e consegnarli alle avanzanti truppe alleate. Catturato durante un attacco di sorpresa, interrogato e seviziato ferocemente conservò il più assoluto silenzio. Il nemico furente ne sotterrò il corpo ancor vivo. Esempio fulgido di dedizione totale alla grandezza d'Italia”. A Quarata, in provincia di Arezzo, a Eugenio Calò è stata intitolata una scuola. Portano il suo nome strade di Firenze e di Arezzo.