Mariano Buratti
Aveva compiuto il servizio di leva e l'aveva concluso come ufficiale di complemento nel 26° Reggimento Fanteria "Bergamo". Nel 1924 era poi entrato nella Guardia di Finanza come "sottobrigadiere" e in questo Corpo era rientrato ed uscito a più riprese, con i "richiami" che avevano intervallato il suo impegno, prima di insegnante elementare e poi di storia e filosofia, al Liceo "Umberto I" di Viterbo, che oggi porta il suo nome. Due tragedie familiari (la morte della figlioletta Magda e, poco dopo, quella della moglie Cristina e della bambina che aveva in grembo), l'avevano sconvolto ed avevano indotto Mariano Buratti, nel 1936, ad arruolarsi nella MVSN per partecipare alla guerra d'Africa. Ne era tornato nel 1937, aveva ripreso gli studi e l'insegnamento, per tornare di nuovo in divisa nella Guardia di finanza nel 1941 e poi nel 1942 e ancora nel 1943, quando già s'era formato una nuova famiglia ed era diventato seguace di Guido De Ruggiero. Grazie a questa frequentazione, dopo la caduta del fascismo Buratti era entrato nel Partito d'Azione. Quando sopravvenne l'armistizio si diede alla clandestinità, organizzando sui monti del Cimino una banda partigiana (che portava il suo nome), formata prevalentemente da ex militari che erano stati suoi allievi a scuola. Il 13 dicembre 1943 l'insegnante azionista cadde nelle mani dei nazifascisti, sul piazzale di ponte Milvio a Roma. Condotto in via Tasso (sede dell'SD, la brutale polizia politica comandata dal maggiore Herbert Kappler) e poi a Regina Coeli, fu fucilato due settimane dopo, con altri otto patrioti, al Forte Bravetta. La motivazione della Medaglia alla sua memoria recita: "Nobilissima tempra di patriota, valente ed appassionato educatore di spiriti e di intelletti. Raccoglieva intorno a sé, tra i monti del Viterbese, un primo nucleo di combattenti dal quale dovevano sorgere poi valorose formazioni partigiane. Primo fra i primi nelle imprese più rischiose, animando con l'esempio e la parola i suoi compagni di lotta, infliggeva perdite al nemico e riusciva ad abbattere un aereo avversario. Arrestato in seguito a vile delazione, dopo aver sopportato, con la fierezza dei forti e col silenzio dei martiri, indicibili torture, veniva barbaramente trucidato dai suoi aguzzini. Esempio purissimo di sublime amor di Patria". Nel suo paese natale, che oggi si chiama Bassano Romano, a Mariano Buratti hanno intitolato una via; in Piazza dei Caduti, a Viterbo, lo ricorda una lapide. Un ritratto di Buratti è stato collocato, nel sessantesimo della sua esecuzione, nel Museo storico della Guardia di Finanza.