Bruno Venturini
Ragazzo molto determinato, Bruno Venturini preferì fare il garzone di barbiere, piuttosto che seguire gli studi tecnici ai quali i genitori l'avevano indirizzato. Così, quando i suoi si convinsero ad iscriverlo allo Scientifico, Bruno non riuscì a finire il Liceo prima della chiamata per la leva. Lo terminò concluso il servizio militare e s'iscrisse, a Bologna, a Veterinaria. Era ancora studente quando, a Fano nel 1930, cominciò a svolgere attività antifascista clandestina con un gruppetto di militanti comunisti. Stavano per dare alle stampe La Scintilla, un foglio d'opposizione, ma furono denunciati da una spia. Tribunale speciale e condanna a dieci anni per Venturini e i suoi compagni. Nel carcere di Civitavecchia (era il 1933), l'incontro con alcuni dei massimi dirigenti comunisti di allora e il rinnovato impegno antifascista.
Il giovane comunista è scarcerato nel '37. Riprende l'attività politica clandestina e gli studi. Quando si laurea in Veterinaria, le autorità fasciste gli impediscono di esercitare la professione. Così Venturini torna agli studi e, nel 1942, si laurea in Chimica all'Università di Camerino. Nello stesso anno si trasferisce a Milano, dove è chiamato a far parte di quel Comitato federale comunista. Un anno ancora e Venturini, che ha assunto il nome di copertura di Gianni Bianchini, ha un ruolo importante nella costituzione della prima organizzazione unitaria dell'antifascismo italiano: quel Comitato nazionale d'azione antifascista, dal quale sarebbe poi nato il Comitato di Liberazione Nazionale.
Tra gli organizzatori degli scioperi del marzo 1943, "Bianchini" il 26 luglio tiene a Milano un comizio a nome del Partito comunista e, dopo l'8 settembre, organizza l'andata in montagna dei militari sbandati, dei ricercati e dei giovani renitenti. Quando, la vigilia del Capodanno 1944, i fascisti arrestano sua moglie, Libera Callegari, "Bianchini" si sposta a Roma, dove svolge, in collegamento con Giorgio Amendola, attività politico militare nella settima Zona. Poi, per Venturini, è un turbinio d'incarichi e di spostamenti. Rientra Milano, quindi, ai primi di giugno del 1944, dirige la Federazione comunista di Venezia. Diventa poi ispettore del CLN regionale per le province di Vicenza e Treviso. Passa sull'altipiano del Cansiglio, come rappresentante del PCI presso la Divisione Garibaldi "Nannetti", e dopo i rastrellamenti del settembre 1944, si trasferisce a Vicenza per dirigervi quella Federazione comunista.
Quando in Veneto arriva Giorgio Amendola, "Bianchini" è nominato vice comandante del CVL delle Tre Venezie. In tale veste fa la spola con Milano, per partecipare alle riunioni del CLN Alta Italia. È proprio in una di queste occasioni che perde la vita. Dopo un incontro a Milano con Luigi Longo, "Bianchini" è diretto a Padova. Arriva a Brescia e, mentre attende un mezzo per proseguire il viaggio, è riconosciuto da una "repubblichina" di Fano riparata al Nord. La donna avvisa i fascisti di Brescia e "Bianchini" è preso in trappola. Un disperato tentativo di sottrarsi alla cattura è troncato da una raffica di mitra.