Vittorio Bardini
Aveva cominciato a lavorare a 12 anni in una fornace di laterizi ed era poi diventato muratore. Giovanissimo socialista e poi comunista alla costituzione del PCd'I (fu eletto segretario della Sezione di S. Andrea a Montecchio), il 4 marzo 1921 si batté contro gli squadristi, appoggiati dall'Esercito, in difesa della Casa del popolo di Siena. Bardini, ospite di un fratello a Roma, passò poi all'attività clandestina.
Arrestato e condannato dal Tribunale speciale, Bardini, scontati otto anni di reclusione, espatriò clandestinamente. Mandato dal "Centro estero" del suo partito a frequentare una scuola militare in Unione Sovietica, durante la guerra civile in Spagna vi combatté col grado di ufficiale sino a che i franchisti non ebbero il sopravvento.
Rinchiuso per due anni nel campo di concentramento del Vernet, Vittorio Bardini ne uscì soltanto per essere consegnato dai collaborazionisti francesi alla polizia fascista italiana. Il fuoruscito, processato di nuovo dal Tribunale speciale, passò così il tempo che restava prima della caduta del fascismo al confino di Ventotene.
Per Bardini il 25 luglio 1943 segnò la riconquista della libertà, ma soprattutto la ripresa dell'attività politica che, dopo l'armistizio, lo vide tra gli organizzatori della Resistenza in Lombardia, dove il comunista senese fu a capo, a Milano, della Prima Brigata GAP. Catturato dalle SS e deportato a Mauthausen, Bardini riuscì a sopravvivere alle durezze del Lager.
Rientrato in Italia dopo la Liberazione, fu dal 1945 al 1963 membro del Comitato centrale del PCI. Segretario della Federazione comunista di Siena e per alcuni anni segretario regionale del suo partito per la Toscana, Bardini fu deputato alla Costituente, senatore di diritto nella prima Legislatura e deputato (eletto nella circoscrizione Siena-Arezzo-Grosseto) nella seconda, nella terza e nella quarta.
Un busto di Vittorio Bardini è stato collocato in una sala del Comune di Siena, che gli ha anche intitolato una via.