Leonildo Tarozzi
Aveva soltanto 14 anni e faceva ancora l'operaio quando era stato processato per aver partecipato a Bologna a una manifestazione di protesta contro l'uccisione, in Spagna, dell'anarchico Francisco Ferrer. Sul finire della Prima guerra mondiale, diventato disegnatore progettista, ma anche battagliero dirigente dei giovani socialisti, Tarozzi viene internato in Calabria. Nel 1920, dopo aver diretto il settimanale La Squilla è a Trieste, redattore capo del quotidiano socialista Il Lavoratore. Nel 1921, dopo che ha aderito al PCdI, è a Torino con Gramsci, come capocronista aL'Ordine Nuovo. Nel 1923 sconta sei mesi di carcere per "complotto contro i poteri dello Stato", ma è prosciolto dal Tribunale speciale e riprende l'attività politica. Aggredito a più riprese dai fascisti, nel 1925 è a Milano come redattore de l'Unità clandestina. Nel 1926, mentre si trova a Firenze come segretario interregionale del suo partito per la Toscana e le Marche, è di nuovo arrestato e subisce una condanna a 15 anni dal Tribunale speciale. Nel 1942, eccolo a Bologna dove, con il sostegno dell'avvocato azionista Mario Jacchia, Leonildo Tarozzi si dà ad organizzare il "Comitato pace e libertà", che diventerà nel 1943 CLN regionale e di cui sarà segretario. Dopo l'armistizio sarà sempre Tarozzi a partecipare alla riunione che porterà alla costituzione della Brigata "Stella Rossa", la prima formazione partigiana operante sull'Appennino bolognese, tra Marzabotto e Monzuno. Il 1944 vede il dirigente comunista a Montefiorino, nel Modenese, quale ispettore delle formazioni garibaldine. Dopo la Liberazione, Tarozzi sarà nominato dal CLN regionale direttore di Rinascita, suo organo di stampa. Nella seconda metà degli anni Quaranta sarà tra i direttori del Progresso d'Italia. Per dieci anni, dal 1948 al 1958, Tarozzi è stato deputato del PCI, eletto nella XII Circoscrizione Bologna-Ferrara-Forlì-Ravenna.