Mario Paggi
Allievo di Piero Calamandrei, nel 1925 si era trasferito a Milano per esercitarvi l'avvocatura. Preso subito contatto con gli antifascisti milanesi, fu tra i curatori del settimanale Pietre, diretto da Lelio Basso. Nel 1928 il primo arresto e, dopo quattro mesi nel carcere di San Vittore, l'avvio al confino. Dall'isola di Ponza, dove è confinato anche Basso, il ritorno a Milano dove esercita la professione. Ma Paggi, oltre che schedato come antifascista, è anche di origini ebraiche. Così, all'entrata in guerra dell'Italia, per Paggi si riaprono prima San Vittore e poi i campi di internamento di Istonio (Chieti) - dove è confinato anche il comunista Mauro Venegoni - e di Urbisaglia (Macerata). Soltanto dopo la caduta di Mussolini, Paggi può tornare a Milano, dove si dà subito alla clandestinità. Tra i primi organizzatori del Partito d'Azione, Paggi è membro del CLN Alta Italia e in quel periodo fonda il foglio clandestino Italia Libera (che sarà poi il quotidiano del PdA), e Lo Stato moderno (che nel dopoguerra diverrà una rivista). Pochi giorni prima dell'insurrezione l'avvocato sarà di nuovo arrestato col fratello di Basso, Antonio, ma sarà scarcerato prima della Liberazione. Nel dopoguerra, dopo lo scioglimento del Partito d'Azione, Mario Paggi aderisce al Partito Liberale Italiano. È sodale di Mario Pannunzio. Esce dal PLI in disaccordo con la politica del segretario Giovanni Malagodi, e lascia poi anche il Partito radicale, al quale era approdato sperando rispecchiasse i suoi principi politici per uno Stato socialmente aperto e democratico, non subordinato alla partitocrazia. Morì, stroncato prematuramente da un infarto, al suo tavolo di lavoro.