Giannantonio Prinetti Castelletti
Cresciuto in una famiglia dell'aristocrazia lombarda (i suoi erano originari di Pessano con Bornago), era stato avviato alla carriera delle armi. Frequentata l'Accademia di Artiglieria e Genio di Torino, il giovane ne era uscito sottotenente ed era stato assegnato al 18° Reggimento artiglieria "Pinerolo", col quale partecipò alle operazioni belliche in Grecia, meritando una Medaglia d'argento al valore. L'8 settembre 1943 si trovava a casa in licenza. Per sottrarsi ai tedeschi, valicò il confine e si rifugiò in Svizzera, dove venne in contatto con il movimento partigiano. Deciso a combattere nella Resistenza, nel luglio del 1944 rientrò in Italia, col proposito di raggiungere, essendo fervidamente monarchico, le formazioni autonome di Martini Mauri che operavano nelle Langhe. Giunto ad Alagna, Prinetti Castelletti trovò la Valsesia (liberata dalle formazioni partigiane), sottoposta ad un durissimo rastrellamento. Decise così di aggregarsi alle formazioni guidate da Cino Moscatelli e, col nome di battaglia di "capitano Gino", divenne vicecomandante della Brigata Garibaldi "Osella" operante in Valsesia e nel Novarese. Assegnato poi alla Brigata Garibaldi "Volante Loss", partecipò, al comando di questa formazione, a numerose azioni e ad audaci colpi di mano. Cadde in combattimento (con tre dei suoi partigiani: Biella, Avogadro e Zanetti), quando si offrì per un'azione diversiva nei confronti dei nazifascisti che stavano mettendo in difficoltà un avamposto della Brigata. La M.O. al V.M. alla memoria del "capitano Gino" è stata concessa con questa motivazione:"Ufficiale dell'esercito, internato in un paese neutrale, riusciva a rientrare in Italia per partecipare alla lotta di liberazione, alle cui altissime finalità era sospinto dall'ardente amore di Patria che lo animava. Fu dapprima valoroso partigiano combattente, poscia capace vice comandante di brigata d'assalto, dimostrando sempre e ovunque il complesso delle belle virtù militari, che fu suo nobile patrimonio. Durante un'azione nemica, volontariamente si offriva per sostenere con pochi uomini l'urto del nemico, allo scopo di dare possibilità di ripiegamento alla sua brigata, salvandola col proprio sacrificio da sicuro accerchiamento. Benché ridotto agli estremi di ogni umana resistenza, caduti tutti i compagni che gli erano vicini, rifiutava sdegnosamente l'offerta di resa e, col petto squarciato dalla mitraglia nemica, valorosamente offriva la vita in olocausto alla legge dell'onore e del dovere". Quando, ritiratisi i nazifascisti, i partigiani poterono inumare le salme del "capitano Gino" e dei suoi compagni, Cino Moscatelli fece cucire lo stemma di Casa Savoia sulla bandiera destinata a coprire il feretro di Giannantonio Prinetti Castelletti. Al suo nome, dopo la Liberazione, è stata intitolata una via di Merate. A Pessano con Mornago, il Comune ha fatto fissare, in piazza Trento e Trieste, una lapide in ricordo dell'eroico capitano al quale, nel 2005, a Lecco hanno deliberato la concessione, alla memoria, dell'attestato "Benemerenza di San Nicolò". Anche la sezione "Ufficiali in congedo" di Merate ha assunto il nome del valoroso partigiano.