Roberto Lordi
Aveva frequentato il Collegio militare della Nunziatella e aveva partecipato alla prima guerra mondiale come ufficiale dell'artiglieria di montagna, meritando diverse decorazioni al valore. Laureatosi in ingegneria aeronautica al Politecnico di Torino, Lordi dal 1923 aveva prestato servizio in Libia come comandante di bombardieri. Nel '27 realizzò il primo lancio collettivo di paracadutisti e l'anno dopo fu tra i protagonisti del raid Roma-Torino-Londra. Primo nel mondo, sorvolò in aereo il massiccio del Tibesti e nel '33 fu inviato in Cina, a capo di una missione militare. Qui, conquistata la fiducia del generale Chang-Kai-Schek, divenne capo di Stato Maggiore dell'aeronautica cinese e ottenne una serie di commesse per l'Italia, che vennero però gestite in modo superficiale. La relazione negativa che spedì a Roma gli attirò l'avversione delle alte sfere militari, che nel '35 ne ottennero il rimpatrio e poi il collocamento a riposo. Per sopravvivere cercò un impiego al polverificio Stacchini di Roma. L'8 settembre del '43, anche se sofferente di cuore, accorse a Porta San Paolo per combattere contro i tedeschi. Nonostante l'età non più giovane, entrò nella Resistenza e, quando il polverificio fu requisito dai tedeschi, sottrasse ingenti quantità di esplosivo per le bande partigiane della zona. Ospitò nella propria villa di Genzano ufficiali e civili ricercati dalle SS e organizzò formazioni armate sui Monti Prenestini ed intorno ad Alatri, in contatto radio con le truppe alleate. Quando il 7 gennaio del '44 il proprietario del polverificio fu arrestato, Lordi, per scagionarlo, si presentò spontaneamente al comando tedesco. Rinchiuso nella cella N° 1 del carcere di via Tasso, fu sottoposto per oltre un mese ad atroci torture, ma non rivelò il nome dei compagni di lotta. Fu poi fucilato alle Fosse Ardeatine. Prima che la scarica lo abbattesse, gridò "Viva l'Italia!".