Mario Gigante
A diciassette anni aveva terminato i corsi della Scuola militare di Caserta ed aveva quindi partecipato alla prima guerra mondiale nell'87° Reggimento fanteria. Il 1936 lo vede in Etiopia con il grado di capitano. Quattro anni dopo, promosso maggiore, Gigante assume il comando del 3° Battaglione del 129° Reggimento fanteria della Divisione "Perugia". L'8 settembre 1943, trovandosi con il suo reparto in Albania, decise - attenendosi a quanto proclamato dal generale Badoglio - di opporsi ai tedeschi e di tentare di riportare i suoi uomini in Italia. Scontrandosi spesso duramente con le truppe naziste, il battaglione del maggiore Gigante e quello comandato dal tenente colonnello Domenico Pennestri riuscirono a raggiungere il porto di Santi Quaranta, ma non riuscirono a trovare un imbarco e furono costretti a tornare verso l'interno. Fatti oggetto di massicci rastrellamenti ed accerchiati, i militari italiani finirono per arrendersi. La motivazione della Medaglia d'oro a Mario Gigante ricorda: "Circondato e catturato dopo aspra resistenza, con il reparto decimato per le gravi perdite subite... allo scopo di salvare i suoi gregari, al comandante tedesco dichiarava di essere il solo responsabile della condotta del suo reparto e quindi l'unico colpevole da fucilare. Davanti al plotone d'esecuzione teneva contegno fiero e dignitoso".