Lino Zocchi
Non ancora ventenne, fu costretto ad emigrare in Francia e poi in Belgio per sfuggire all'arresto per attività antifascista. Nel 1936 lasciò il suo lavoro per accorrere in difesa della Repubblica spagnola. Fu arruolato nella Centuria "Gastone Sozzi" e rimase gravemente ferito in combattimento.
Curato in Francia e in URSS, appena rientrato a Parigi nel 1939 fu internato e, due anni dopo, consegnato alla polizia italiana che lo confinò a Ventotene. Liberato alla caduta del fascismo, nell'agosto del 1943 tornò a Trieste.
Dopo l'8 settembre Zocchi inizia la lotta armata in città. Nel maggio 1944 è in Friuli, con il nome di battaglia di "Ninci", al comando della Brigata Garibaldi "Friuli", della quale era commissario politico Mario Lizzero. La "Friuli" divenne Divisione nell'estate del 1944 e sostenne duri combattimenti, specialmente contro i mongoli e i cosacchi aggregati all'esercito d'occupazione tedesco. Grazie alla dedizione e alla capacità organizzativa di "Ninci", le sue formazioni partigiane divennero Gruppo di divisioni nell'autunno del 1944, raggiungendo la forza di 18.000 combattenti, di cui oltre 900 donne. Il 28 aprile 1945, su designazione del CLN di Udine, Lino Zocchi fu nominato questore del Friuli, ma poche settimane dopo il Governo militare alleato lo destituì, non potendo ammettere la presenza di un comunista in una posizione di quella importanza.
Nel dicembre del 1950 "Ninci" è arrestato, insieme con altri ex partigiani del Friuli, con l'accusa di essere stato uno dei "mandanti politici" della strage di Porzus. Un anno e mezzo di carcere prima dell'assoluzione. Successivamente Lino Zocchi fu nominato segretario dell'ANPPIA (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti), che diresse con grande passione sino ai suoi ultimi giorni di vita.