Pietro Piccininno
Orfano di padre a soli 10 anni, Pietro Piccininno è il più giovane di sette fratelli, due dei quali combattenti nella Prima guerra mondiale, uno nelle forze armate statunitensi, l’altro decorato con Medaglia d’Argento al Valor Militare (Pertica del Grappa, 1918). Pietro svolge il servizio di leva dal 1936 al 1938 nel Genio pontieri tra Piacenza e Verona, raffermato col grado di sergente.
Allo scoppio del Secondo conflitto è richiamato alle armi e inviato in Albania dove, a settembre ’43, viene deportato in Germania. Rientra con la Divisione San Marco ma, giunto sul territorio italiano, organizza un intero reparto di 58 uomini armati ed equipaggiati per unirsi ai resistenti.
Da quel momento Piccininno si distingue per il suo coraggio e le eccellenti capacità organizzative, sotto il comando di Andrea Viglione “Vico” (futuro generale e Capo di Stato Maggiore dell’Esercito) nella Brigata Valle Grana “Paolo Braccini”, della Prima Divisione Alpina Giustizia e Libertà. Combatte al fianco di Duccio Galimberti, Aldo Quaranta e Nuto Revelli, tra gli altri, ed è promosso da maresciallo a sottotenente comandante di distaccamento (Banda Monterosso).
La mattina del 28 aprile 1945, nella battaglia per la liberazione di Cuneo, entra per primo in città alla testa di due formazioni occupando con un’azione di forza il palazzo della Prefettura. Isolati dal resto della Brigata, il comandante e i suoi uomini resistono per l’intera giornata alla controffensiva nazifascista infliggendo ai nemici la perdita di 9 soldati e il ferimento di altri 15 e costringendoli alla ritirata.
Decorato col distintivo d’onore dei Volontari della Libertà, tre stelle d’argento, tre croci per meriti di guerra e una croce d’argento, Pietro Piccininno prosegue la carriera militare nel dopoguerra congedandosi da Maresciallo Maggiore Aiutante nel 1972, Ufficiale nel Ruolo d’Onore con il grado di Tenente. Fedele agli ideali democratici per tutta la vita, è stato insignito anche del titolo di Cavaliere della Repubblica.