Silvio Marcuzzi
Già nel 1935 Marcuzzi aveva cominciato a svolgere, tra gli operai dei cantieri di Monfalcone, la sua attività d'antifascista militante. Tre anni dopo si risolse ad espatriare, per sottrarsi alla sorveglianza della polizia fascista, che lo controllava sempre più pressantemente. Anche dalla Germania e dall'Ungheria finì però per essere espulso. Nel 1941, tornato in Italia, s'improvvisò rappresentante di commercio, perché quest'attività gli consentiva meglio di coprire le reali ragioni dei suoi movimenti tra il Friuli e la Venezia Giulia. Alla caduta del fascismo, Marcuzzi si trovava a Monfalcone, dove aveva ripreso stretti contatti con l'ambiente operaio e con i dirigenti locali del Partito comunista. Non a caso, quindi, fu tra gli organizzatori di quella "Brigata Proletaria" che, a fianco di formazioni partigiane slovene, resistette, sino all'ottobre del 1943, agli attacchi di soverchianti forze tedesche. Fatto prigioniero con altri tre compagni, Marcuzzi riuscì a fuggire e a trovare un rifugio nel Monfalconese. Lì, considerando quel che era successo con la "Brigata Proletaria", concluse che i partigiani avrebbero potuto resistere ben più a lungo, se si fosse stati in grado di garantire i necessari rifornimenti. Fu così che Montes, questo il suo nome di battaglia, si mise ad organizzare una rete di "intendenze partigiane", che avevano il compito di assicurare armi e vettovagliamenti alle formazioni operanti sulle Alpi Giulie e Carniche. Grazie a Marcuzzi sorsero così diecine e diecine di comitati di villaggio e di zona, nacquero squadre di gappisti per scortare i rifornimenti da far pervenire ai partigiani, si organizzarono gruppi per la raccolta d'ingenti somme di denaro, senza escludere gli attacchi alle banche del Friuli, che pure erano presidiate dai nazifascisti. Montes riuscì persino a costituire due battaglioni mobili – il "Latisana" e il "Livenza" – che avevano come compito principale quello di "proteggere l'intendenza". Naturale, quindi, che il CLN del Friuli nominasse Marcuzzi comandante dei servizi di rifornimento e dei GAP di tutta la pianura friulana. Alla sua organizzazione facevano capo, per rifornirsi, le Brigate "Garibaldi", le "Osoppo" e pure l'intero IX Corpus dell'Armata di liberazione jugoslava, nella quale operavano anche formazioni di "garibaldini" italiani. Nel tentativo di far fronte all'attività di Montes, i nazifascisti giunsero ad istituire a Palmanova uno speciale Centro di repressione, che non raggiunse lo scopo di disarticolare l'"intendenza partigiana", ma riuscì, grazie ad una spia, a catturare Marcuzzi. Finito nelle mani dei fascisti Montes fu atrocemente torturato; con la testa spaccata, morì dopo tre giorni di continuo supplizio, senza lasciarsi sfuggire un'informazione. Nella motivazione della massima ricompensa militare si legge che Silvio Marcuzzi "mantenne il contegno dei forti e il supremo spregio per la sublime risposta che oppose alle barbare torture ed alle crudeli sevizie che gli furono inflitte, finché sfinito dalle sofferenze esalava l'estremo anelito immolando la sua esistenza al supremo ideale per cui aveva tanto lottato".