Giuseppe Gracceva
Il suo primo arresto risale al 1925, quando fu trovato in possesso di volantini antifascisti. Amnistiato, "Peppino" (come era conosciuto), fu di nuovo arrestato nel 1937 e condannato con altri comunisti di Genzano a cinque anni di detenzione, da scontare nel carcere di Civitavecchia. Scarcerato nel 1940, perché sua moglie aveva presentato per lui richiesta di indulto, Gracceva, che dopo il patto Ribbentrop-Molotov era passato dai comunisti ai socialisti, l'8 settembre 1943 entrò nella Resistenza romana; col nome di battaglia di "Maresciallo Rosso" organizzò e comandò, dopo aver partecipato alla vana difesa di Porta San Paolo, i partigiani delle Brigate "Matteotti" operanti nell'Italia centrale. Per poter meglio operare contro i nazifascisti giunse ad arruolarsi nella polizia repubblichina e, nel gennaio del 1944, fu lui ad organizzare con Giuliano Vassalli l'evasione di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat da "Regina Coeli". Tra le tante azioni all'attivo del "Maresciallo Rosso" e dei suoi compagni, anche il brillamento di un treno di esplosivi alla stazione Ostiense. Gravemente ferito in uno scontro a fuoco con le SS, Gracceva è infine catturato dai nazifascisti. Rinchiuso per un mese e mezzo in via Tasso, resiste a ore ed ore di interrogatori e di torture e la sua condanna a morte non può essere eseguita soltanto perché Roma viene alfine liberata. Nel dopoguerra il valoroso partigiano rifiuterà di essere decorato di Medaglia d'Oro al Valor Militare (sosterrà che altri l'hanno meritata più di lui), parteciperà ai lavori dell'Assemblea Costituente, sarà eletto presidente dell'ANPI di Roma, ma finirà per allontanarsi dalla politica attiva, accettando da Enrico Mattei la proposta di presiedere l'ENI-Sud. Resta a Salerno con questo incarico sino al mai chiarito incidente aereo di Bascapè (PV). Tornerà a Roma e vi morirà sedici anni dopo. Ai suoi funerali il Presidente Pertini volle fossero schierati i Corazzieri.