Antichiaro Martini
Figlio di un contadino socialista, durante la Prima guerra mondiale aveva perso il padre, caduto al fronte. Il piccolo Antichiaro era così stato accolto in un orfanatrofio modenese. Nel 1940 il giovane era stato chiamato alle armi e mandato a combattere sul fronte africano. Si trovava a casa a Concordia, in licenza di convalescenza, quando sopravvenne l'armistizio. Martini fu tra i primi ad organizzare la resistenza ai tedeschi. Non solo assolse, molto validamente, il compito di assicurare i rifornimenti alle formazioni partigiane del Modenese, ma partecipò anche a numerose azioni di guerra, distinguendosi per il suo coraggio. Martini finì per cadere, con la sua compagna, Gina Borellini, nelle mani dei fascisti. Nonostante fosse sottoposto a tortura, Martini rifiutò di rispondere alle domande dei suoi aguzzini. Tradotto a Modena, nelle celle dell'Accademia Militare – dopo che i partigiani della zona, per liberarlo, avevano inutilmente attaccato il Comando delle Brigate nere – il valoroso partigiano, temendo di non poter resistere ad altre sevizie, tentò il suicidio. I fascisti, intervenuti per impedirglielo, ripresero a torturare Antichiaro, ma non una parola uscì dalle sue labbra. Fu fucilato, con altri due partigiani, sulla Piazza d'armi di Modena. Martini cadde stringendo tra le mani la foto del figlio Euro, di cinque anni.