Mario Lizzero
Fin dagli anni dell'adolescenza fu membro dell'organizzazione comunista clandestina del Friuli. Nel 1933 Lizzero, arrestato con altri suoi compagni dalla polizia fascista, finì davanti al Tribunale speciale con l'accusa, non solo di aver organizzato la Federazione comunista di Udine, ma anche di averne esteso l'attività in alcune delle organizzazioni giovanili fasciste del Friuli. Condannato a sei anni di reclusione, il giovane scontò la pena a Roma, nel carcere di Regina Coeli, e a Castelfranco Emilia. Appena libero riprese l'attività politica e, nel 1942, riuscì a mettersi in contatto con la Resistenza slovena, già operante nell'Alto Isonzo. Di nuovo arrestato nel maggio del '43, Lizzero tornò libero con la caduta di Mussolini e già nell'estate si diede ad organizzare le prime bande partigiane del Friuli. Nell'ottobre, con Giacinto Calligaris comandante e Mario Lizzero commissario politico, nasceva la prima brigata garibaldina d'Italia, dalla quale avrebbero poi avuto origine le otto Divisioni garibaldine inquadrate nel Gruppo divisioni Garibaldi "Friuli", che avrebbero avuto come commissario politico "Andrea" (Mario Lizzero, appunto). Dopo la Liberazione, Lizzero divenne segretario della Federazione comunista di Udine, quindi segretario regionale del PCI. Consultore nazionale nel 1945, deputato comunista per tre legislature, Lizzero (che è stato anche membro del Consiglio nazionale dell'ANPI), ebbe modo di impegnarsi per dare soluzione ai più gravi problemi sociali del Friuli, quali quelli della montagna, dell'emigrazione, della catastrofe del Vajont e del terremoto del 1976. Un anno dopo la scomparsa di Lizzero, per iniziativa dell'Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, è stato pubblicato il volume Mario Lizzero "Andrea". Il suo impegno civile, politico e sociale, nel quale, oltre ad una autobiografia di "Andrea", sono raccolti alcuni suoi scritti; trattano delle principali tematiche delle quali, nella sua lunga attività di politico democratico, Lizzero si è occupato.