Antonio Manzi
Dopo la laurea aveva per breve tempo esercitato la professione. Appassionato alpinista, era tenente del V Alpini, a Bassano del Grappa, quando sopravvenne l'armistizio. Manzi tentò, con un cugino, di raggiungere il Sud per arruolarsi nel Corpo Italiano di Liberazione. Non ci riuscì e, tornato a Milano, entrò nel movimento di resistenza clandestino per unirsi poi ai partigiani della Bergamasca. Diventato comandante, col nome di battaglia di "Vercesio", dei gruppi delle "Fiamme Verdi" operanti in Val Brembana, guidò per qualche tempo il raggruppamento "Alfredo Di Dio". Arrestato su delazione, Manzi fu portato nella sede dei fascisti di Bergamo che ve lo trattennero per dieci giorni. Nonostante le torture "Vercesio" non rivelò i nomi dei suoi compagni; così i suoi aguzzini decisero di rinchiuderlo in una cella d'isolamento del carcere di Sant'Agata. Trasferito a San Vittore, il giovane partigiano vi rimase sino al 27 aprile 1944. Tradotto nel campo di Fossoli, Manzi fu tra le 67 vittime della rappresaglia effettuata dai tedeschi nel poligono di tiro a segno di Cibeno. Nel 2002, per iniziativa dell'ANED, nella serie "Quaderni della Fondazione Memoriadella Deportazione", è stato pubblicata una partecipe biografia di "Vercesio", scritta dalla cugina del caduto, Jole Marmiroli. Reca il titolo Antonio Manzi. Partigiano cattolico assassinato a Fossoli.