Mario Sbrilli
Studente di medicina alla Scuola di sanità militare di Firenze, Sbrilli si unì, subito dopo l'8 settembre 1943, ai partigiani della Brigata Garibaldi "Pio Borri", attiva sull'Alpe di Catenala, in provincia di Arezzo. Al giovane, considerata la sua specifica preparazione, fu affidata la responsabilità del servizio sanitario della Brigata. Durante un rastrellamento, il giovane fu catturato dai tedeschi insieme a numerosi partigiani feriti. I soldati, riconosciuta la funzione di assistenza sanitaria svolta da Sbrilli, decisero di risparmiarlo. Il "trattamento di riguardo" durò sino a quando Sbrilli vide i tedeschi che, dopo aver percosso con tubi di gomma i feriti sino a renderli incoscienti, stavano per gettare in una fossa ancora vivi diciotto partigiani. Il giovane si lanciò urlando contro i nazisti e fu falciato da una raffica di mitra. La motivazione della ricompensa al valore ricorda così l'episodio: "... accorreva di sua iniziativa là dove una delle formazioni affidate alle sue cure trovavasi gravemente impegnata da superiori forze tedesche. Chiusosi il cerchio intorno a pochi valorosi cadeva in mani nemiche insieme a numerosi feriti. Riconosciuto per medico nell'esercizio delle sue funzioni veniva lasciato in libertà mentre i tedeschi si apprestavano a trucidare i feriti. Generosamente egli offriva allora la sua vita in cambio di quella dei partigiani e, allo scopo di persuadere i carnefici, si dichiarava comandante responsabile. Non gli veniva dato ascolto ed i barbari cominciarono a gettare i prigionieri ancora vivi in una fossa. Animato da nobile sdegno Mario Sbrilli si lanciava sugli ufficiali schiaffeggiandoli e percuotendoli con disperata energia sino a che una scarica lo gettava esanime sopra i suoi compagni generosamente difesi... ". Dopo la Liberazione, l'Università di Firenze ha concesso alla memoria di Sbrilli la laurea "ad honorem" ed alcune città toscane hanno intitolato una strada al generoso ragazzo. Il Corpo sanitario dell'Esercito ha istituito a nome di Sbrilli un premio annuale che, nel 2004, è stato assegnato all'associazione italiana per la lotta alla leucemia.