Don Giuseppe Borea
La caduta di Mussolini gli evitò il processo e gli valse la liberazione. Subito dopo l'armistizio, il sacerdote entrò nella Resistenza come cappellano della Divisione partigiana "Val d'Arda", comandata dal colonnello Giuseppe Prati. Catturato dai fascisti il 27 gennaio 1945, don Borea fu condannato a morte e la sera del 9 febbraio fu messo al muro. Rifiutate la sedia e la benda, il cappellano perdonò i suoi carnefici e disse: "Offro la mia vita per la pace e la grandezza della Patria", poi, toltosi il mantello, gridò: "Viva Gesù, Viva Maria, Viva l'Italia." Colpito da otto pallottole, don Borea fu finito con un colpo alla nuca. Dopo l'assassinio i fascisti, insoddisfatti, si portarono alla canonica di Obolo con l'intenzione di eliminare anche don Riccardo Sala che la reggeva in luogo di don Borea. Fortunatamente non trovarono né il prete, né i suoi fratelli, Carlo e Camillo, entrambi partigiani.