Licio Fontanot
Figlio di Giovanni Fontanot, vecchio antifascista di Muggia, Licio dopo l'armistizio era entrato nella Resistenza e, dopo aver partecipato all'organizzazione dei primi gruppi armati nel Monfalconese, era diventato comandante della Brigata GAP della Divisione Garibaldi "Friuli". Nel luglio del 1944, "Annibale" - questo il suo nome di battaglia - mentre si spostava in bicicletta, fu riconosciuto e inseguito da una pattuglia fascista. Stava già facendo perdere le sue tracce quando, all'altezza del ponte di Pieris (Gorizia), si trovò la strada sbarrata dalle SS. In un disperato tentativo di fuga si lanciò nel fiume Isonzo e, benché ferito dal fuoco dei tedeschi, riuscì a raggiungere l'altra riva e a porsi in salvo. Curato in una clinica di San Donà di Piave, appena si fu, in qualche modo, ristabilito volle tornare a combattere. Il 1° agosto del 1944, "Annibale" incappò in un rastrellamento. Era ancora debole per le ferite da poco riportate e non riuscì ad eclissarsi. Catturato e imprigionato, per sottrarsi alle torture s'impiccò nella cella della caserma "Piave" di Palmanova in cui era stato rinchiuso. Quattro mesi prima, aveva perso la vita, combattendo contro i nazifascisti, Armido Fontanot, fratello maggiore di Licio.