Romualdo Chiesa
Non aveva ancora diciassette anni quando si fece, con altri amici, promotore a Roma del Movimento dei cattolici comunisti. Arrestato due anni dopo per attività contro il regime, Chiesa fu deferito al Tribunale speciale che, nel 1941, lo assolse con la formula dell'insufficienza di prove. Il ragazzo riprese con maggiore lena l'attività politica nei quartieri Trionfale, Aurelio e Ponte Cavalleggeri a fianco dei compagni di "Bandiera Rossa". Quando, proclamato l'armistizio, i romani tentarono la difesa della Capitale a fianco dei nostri soldati, Romualdo Chiesa fu, con il suo amico Adriano Ossicini, tra i combattenti di Porta San Paolo, con Luigi Longo, Antonello Trombadori, Fabrizio Onofri, Emilio Lussu, Ugo La Malfa, Sandro Pertini, Eugenio Colorni, Mario Zagari e Bruno Buozzi. Travolta la resistenza dei soldati e del popolo romano (caddero negli scontri anche quattrocento civili, tra cui quarantatré donne), lo studente continuò, nella Capitale occupata, la sua lotta per la libertà. Finito nelle mani delle SS per una delazione, Chiesa, che si stava recando ad un appuntamento nella zona di Ponte Milvio, riuscì a liberarsi, prima di venire trascinato nei famigerati locali di Via Tasso, dei documenti compromettenti che aveva con sé. Torturato perché parlasse, il giovane non si lasciò sfuggire la minima informazione. Allorché i tedeschi lo portarono alle Fosse Ardeatine per trucidarlo con gli altri martiri, Romualdo Chiesa era irriconoscibile. Questa la motivazione della massima ricompensa militare alla memoria: "Giovane antifascista conobbe il carcere poco più che diciottenne e dalle sofferenze patite fu temprato alla dura lotta clandestina, di cui divenne assertore convinto ed incitatore travolgente. A Porta San Paolo condusse operai e studenti ad ostacolare il passo alle truppe tedesche, che con orgogliosa baldanza marciavano contro la Città Eterna. Il popolo romano di Monte Mario, Borgo, Prati, Trionfale, Porta Cavalleggeri e Madonna del Riposo sentì la sua voce tonante di tribuno organizzatore di gruppi di armati e di G.A.P. che furono, sotto la sua guida, audaci esecutori di ardite azioni di sabotaggio. Già sfuggito tre volte alla cattura, in seguito a vile delazione cadde nelle mani del nemico, riuscendo in un tentativo di fuga a distruggere importanti documenti, che se fossero caduti in mano dell'avversario avrebbero compromesso il movimento partigiano locale. Sopportò i martirii di via Tasso pur di non tradire i compagni. Ridotto quasi cieco per le sevizie subite e col volto trasformato in piaga sanguinante, fu condotto alle Fosse Ardeatine, ove nel sublime martirio chiuse la giovane esistenza che non aveva conosciuto che le amarezze della schiavitù". A Roma, nel quartiere Spinaceto, una strada porta il nome del giovane eroe.