Domenico Viotto
Orfano di padre poco dopo la nascita, crebbe in case di carità e a 15 anni cominciò a lavorare come apprendista falegname. Giovane socialista, a vent'anni divenne dirigente della Camera del Lavoro di Vicenza, sulle posizioni del sindacalismo rivoluzionario. Nel 1908 Viotto si trasferì a Messina, colpita dal terremoto, e vi diresse quella CdL. Più volte arrestato, tra il 1911 e il 1915, per il suo impegno antimilitarista, nel corso della Prima guerra mondiale finì in carcere e ne uscì soltanto nel 1919. Trasferitosi a Brescia, Viotto vi riprese l'attività sindacale. Nel 1921, eletto deputato, divenne membro della Direzione del PSI e fu alla testa dei metallurgici bresciani nella resistenza, che guidò sino al 1925, contro gli squadristi. Nel 1927 il dirigente socialista fu arrestato e deferito al Tribunale speciale, che nel 1928, lo condannò a due anni di reclusione. Nello stesso tempo il governo fascista lo aveva dichiarato "decaduto" da parlamentare; così Viotto, dopo il carcere, dovette subire anche una condanna a cinque anni di confino. Riacquistata la libertà nel 1932, Domenico Viotto si stabilì a Milano, dove si sostenne con una modesta attività industriale e riprese i contatti politici. Dal 1934 collaborò con Rodolfo Morandi e Lelio Basso alla creazione del "Centro interno" del PSI. Sempre sottoposto a sorveglianza dalla polizia del regime, con l'entrata dell'Italia in guerra, Viotto, nel 1940, fu internato prima nel campo di concentramento di Colfiorito e poi in quello di Fabriano. Verso la fine del 1941 poté rientrare a Milano, dove affiancò Lelio Basso nella fondazione del "Movimento di unità proletaria" che, nell'agosto del 1943, confluì nel PSIUP. Rappresentante di questo partito nel CLN milanese, Viotto nel novembre 1943, in seguito a una vicenda che gli valse accuse di leggerezza cospirativa, riparò in Svizzera, dopo essere sfuggito per poco all'arresto. Nella Confederazione riprese i contatti con Morandi, Antonio Greppi e altri esponenti socialisti fuoriusciti, ma appena poté rientrò in Italia e, agli inizi del 1945, partecipò alla lotta partigiana nella zona del Lago d'Orta. Dopo la Liberazione Viotto, nel marzo del 1946, fu chiamato, su proposta di Pietro Nenni, a far parte della Consulta. Nel 1947, seguì Giuseppe Saragat nella "scissione di Palazzo Barberini" e, per breve tempo, fu segretario della Federazione milanese del PSDI; poi la sua attività politica divenne sempre più saltuaria ed episodica. A Domenico Viotto è stata intitolata una strada di Brescia.