Ondina Peteani
Durante la Seconda guerra mondiale, la giovanissima Peteani lavorava già nei Cantieri navali di Monfalcone; non solo: qui la ragazza aveva preso i primi contatti col movimento antifascista clandestino. Prima ancora dell'armistizio dell'8 settembre 1943 Ondina, con conseguente coerenza, decide di aggregarsi come staffetta alle prime formazioni partigiane che si andavano costituendo nel Monfalconese e sul Carso triestino. Arrestata due volte dalla polizia fascista, la Peteani riesce a fuggire. Non le va altrettanto bene l'11 febbraio 1944. A Vermegliano (Gorizia), dov'è in missione, finisce nelle mani dei nazifascisti, che la portano a Trieste. Segregata nel Comando delle SS di piazza Oberdan, la ragazza è poi trasferita al carcere del Coroneo. Lo lascia soltanto, nel mese di marzo, per essere deportata ad Auschwitz (dove le viene tatuato il numero di matricola 81672). Successivamente la trasferiscono nel campo di Ravensbrück. Dei lager Ondina conoscerà tutti gli orrori. L'aiutano a sopravvivere il pensiero rivolto alla famiglia (racconterà poi di aver pensato che la luna che scorgeva dalla soglia della sua baracca era « la stessa che vedono a casa mia»), la giovinezza e la forte fibra, che la salvano dalla camera a gas. Nell'ottobre del 1944, Ondina è trasferita in una fabbrica di produzione bellica ad Eberswalde, presso Berlino. Nello stabilimento riesce a far rallentare il ciclo produttivo, grazie a continui, ripetuti, pignoli controlli dei macchinari e della produzione. A metà aprile del 1945, nel corso di una marcia forzata di cinque giorni, che avrebbe dovuto riportarla a Ravensbrück, Ondina fugge dalla colonna di prigionieri. Riuscirà a rientrare in Italia a luglio, dopo aver percorso fortunosamente 1.300 chilometri. Nel dopoguerra la Peteani esercita la professione di ostetrica, milita nel PCI, nel sindacato, nell'ANPI, nell'ANED, nei movimenti femminili. Nel 1962, con il suo compagno, dà vita alla prima agenzia libraria degli Editori Riuniti per il Triveneto, che ben presto, nella sua prima sede di Viale XX Settembre, diventa centro d'incontro di intellettuali, artisti, attori, giovani. All'indomani della scomparsa di Ondina Peteani, il figlio Gianni ha costituito un Comitato, da lui stesso presieduto, per onorarla come "prima staffetta partigiana d'Italia". Nel 2008, l'Istituto Regionale di Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia ha pubblicato un libro di Anna di Gianantonio dal titolo È bello vivere liberi (Una vita tra lotta partigiana, deportazione e impegno sociale) Biografia di Ondina Peteani.