Vittorio Flecchia
A diciassette anni Flecchia era già un attivo militante della Federazione giovanile socialista. Nel 1913 emigrò in Svizzera per lavoro. Restò nella Confederazione cinque anni, sino a che non ne fu espulso, era il 1918, per ragioni politiche. Tornato in Italia, l'anno dopo fu nominato segretario regionale del sindacato piemontese degli edili. Due anni ancora e Flecchia è a Vicenza, segretario di quella Camera del lavoro. È il 1921 quando, alla nascita del Partito comunista, ne è tra i fondatori. Eletto nel Comitato centrale al Congresso di Roma del 1922, sino al 1925 assolve compiti di direzione. Diventa, quindi, segretario della Federazione comunista di Vicenza e segretario interregionale per il Veneto. Nel 1926, con le leggi eccezionali fasciste, è arrestato; dopo due anni è processato e condannato a 15 anni e 4 mesi di reclusione. Ne sconta, grazie alle amnistie, "soltanto" sei e, appena scarcerato, ripara clandestinamente in Francia, dove entra a far parte del Comitato direttivo della Confederazione generale del lavoro. Nel 1940 è la polizia francese che arresta Flecchia e lo interna nel campo di concentramento di Vernet, per poi consegnarlo alle autorità italiane d'occupazione che lo rimandano in Italia, ma al confino alle isole Tremiti. Con la caduta del fascismo Flecchia torna in libertà e dopo l'armistizio è tra i primi organizzatori del movimento partigiano nel Biellese in Valsesia e in altre valli del Piemonte, dove opera come ispettore delle Brigate Garibaldi. Dopo la Liberazione Flecchia è segretario prima della C.d.L. di Torino e poi di quella di Venezia. Membro del Comitato centrale del PCI e deputato alla Costituente, nel 1948 è senatore di diritto. Nel 1953 è candidato al Senato e rieletto.