Roberto Veratti
Proveniente da famiglia di tradizioni socialiste, fu attivo nel PSI dal 1920, quando ancora studiava Legge all'Università di Pavia. Nel 1922 Veratti aderì al PSU e fu redattore da Milano di La Giustizia e, sino al 1925, del quindicinale del suo partito Libertà. Amico di Carlo Rosselli, dopo il 1926 l'avvocato Veratti mise il proprio studio legale a disposizione dell'organizzazione antifascista clandestina e, nella seconda metà del 1929, partecipò, con Ernesto Rossi, alle attività del comitato milanese di "Giustizia e Libertà" e, dal 1931, ne assunse praticamente la direzione con altri dirigenti del PSI.
Nel marzo del 1933, Verrati finì in carcere con l'accusa di costituzione del Partito socialista, creazione del movimento G.L. e coinvolgimento nel "movimento guelfo" di Piero Malvestiti. Quattro mesi dopo, fu rimesso in libertà per intervento di Benito Mussolini e prosciolto dal Tribunale speciale. L'anno successivo Veratti riprese i contatti con Rodolfo Morandi e altri dirigenti del Centro interno socialista, sostenendoli nel respingere la proposta dell'ex sindaco socialista di Milano, Emilio Caldara, di "gettare un ponte" verso il fascismo.
Nuovamente arrestato nel 1935, Veratti, quando fu rilasciato si appartò dall'attività politica e si dedicò completamente alla professione. Ricomparve nell'organizzazione socialista clandestina nel 1942 e, l'anno dopo rappresentò il PSI nel Comitato nazionale antifascista sorto a Milano. Nell'agosto del 1943 entrò nella Direzione del PSIUP e diresse con Morandi la redazione milanese dell'Avanti!. Dopo l'armistizio fu designato a rappresentare il partito nel CLNAI, ma mentre era impegnato in questa attività clandestina, fu stroncato da una grave infezione.
A Milano, al numero 21 di via Manzoni, una lapide ricorda: "Da questa casa/ culla della Resistenza/ mosse/ Roberto Veratti/ apostolo d'umanità/ contro le insidie della lotta clandestina/ ove si logorò e spense la sua vita/ consacrata/ all'ideale della libertà".