Giulio Contin
Non ancora ventenne, nel 1925, con il fascismo ormai imperante, aveva aderito alla Federazione giovanile comunista di Padova. L'anno successivo era già davanti al Tribunale speciale. Le sue parole in difesa della libertà gli valsero una condanna a sette anni e sei mesi di reclusione. Non la scontò completamente, perché beneficiò dell'amnistia del 1932. Contin, tornato in libertà, riprese i contatti clandestini con il suo partito. Di nuovo arrestato, nel 1935, con altri venti antifascisti, fu assegnato per tre anni al confino di Ponza, dove scontò anche sei mesi di carcere per aver partecipato ad una protesta dei confinati. Liberato, non riuscì a raggiungere la Spagna e a battersi per la Repubblica e si fermò in Francia, a dirigere un'organizzazione di emigrati. Nel 1939, arrestato dalla polizia francese, Giulio Contin fu internato nel campo di Vernet d'Ariège. Vi rimase il tempo di contrarre una grave malattia polmonare. Nel 1941, consegnato dal governo collaborazionista francese alla polizia italiana, fu di nuovo mandato al confino, questa volta alle Tremiti, di dove tornò libero soltanto alla caduta del fascismo. Subito dopo l'armistizio ecco che Giulio Contin entra nelle formazioni partigiane friulane. È nominato commissario di distaccamento del Battaglione Garibaldi "Friuli", poi commissario del Battaglione "Mazzini" e della Brigata "Ippolito Nievo" e, infine, commissario politico del Gruppo Brigate Est. Il suo nome di battaglia è "Riccardo" (in Francia si faceva chiamare Richard). Il 16 marzo 1945, il valoroso antifascista, mentre si stava recando in missione a Codroipo, cade in un'imboscata delle Brigate nere. È ferito, ma i fascisti lo portano nella caserma "Piave" di Palmanova e lo torturano per ottenere informazioni. "Riccardo" non parla. Quando lo portano all'ospedale di Udine, è ormai in condizioni disperate. Si spegne due giorni dopo.